Buongiorno ragazzi. Oggi vi presento un novità, la nuova sezione: "In cucina con..."., spazio riservato ad interviste a persone del mondo della cucina e non solo.
Inauguriamo con il
protagonista indiscusso dell’ultima stagione televisiva, in tema di cucina. Con
il suo stile immediato, genuino e per niente “impettito”, ha ribaltato lo
stereotipo dello “Chef del piccolo
schermo”, azzerando le distanze ed
ottenendo, così, il doppio successo: pubblico e critica. Il Guru Aldo
Grasso, lo ha definito “…performer
particolarmente abile nella comunicazione”. Stiamo parlando di Gabriele Rubini, meglio noto come Chef Rubio, protagonista della
trasmissione di cucina più pulp del 2013, “Unti e Bisunti”, trasmessa da DMAX.
Incuriosito dalla persona, prima ancora che dal personaggio, che comunque gli
calza a pennello, ho voluto intervistarlo per conoscerlo meglio. Ne risulta un
uomo complesso e profondo, che spazia - senza problema alcuno - dalla cucina alla
religione, passando per la politica. Un 30enne che dai suoi viaggi ha accumulato
esperienze e conoscenze, che hanno contribuito in modo importante alla
formazione del Gabriele di oggi. Simpatia dilagante, tono amichevole, citazioni
di letteratura e cultura greca, alternate a battute romanesche,
tratteggiano una persona piacevole e soprattutto per niente costruita.
In attesa della
seconda edizione di Unti e Bisunti,
Gabriele sarà impegnato, a partire dal 22 Dicembre (tutte le domeniche alle
23), in un nuovo format tv, sempre su DMax: IL CACCIATORE DI TIFOSI. In questa avventura, Chef Rubio avrà modo di fondere la passione per il rugby con quella per la
cucina. In attesa di vederlo in tv, ecco a voi Gabriele Rubini…
Bisunti”, in onda su DMAX. Hai avuto un grandissimo successo di ascolti e di critica, due aspetti spesso non facili da concordare. Come hai vissuto questo
successo? Come ti ha cambiato, se ti senti cambiato?
Nome: Gabriele
Cognome: Rubini
Nome d’Arte: Chef
Rubio
Data di Nascita: 29
Giugno 1983
Luogo di Nascita:
Frascati (RM)
Un rugbysta tra i fornelli. Rugby e
Cucina quindi, in questi primi 30 anni di vita. In entrambi i contesti si
lavora in squadra. Quale affinità e quali differenze noti tra i due contesti
nello spirito di squadra?
In
entrambi i contesti si ha a che fare con una squadra, è vero, ma lo spirito è
molto diverso. Non sono paragonabili. Mentre nel rugby sono tutti volti al
raggiungimento dello stesso obiettivo come formichine, in cucina è più un
insieme di singoli, divisi in settori. Anche in cucina, come nel rugby, deve
esserci necessariamente coordinazione, ma lo spirito di squadra è diverso. Nel
rugby è più puro e fraterno.
In te ci sono due anime: il rugbista e
lo chef? C’è n’è una prevalente o sono semplicemente due proiezioni diverse del
tuo “io”?
In
me ci sono mille anime, un po’ come in “uno, nessuno e centomila”. Ora in evidenza ci sono questi due aspetti, ma
sono solo due dei tanti. In ogni caso, l’imprinting del rugby è forte e chi ha
giocato conosce di cosa parlo. Questo
sport ti forma la mente prima che il fisico, ti rafforza lo spirito, aumenta la
forza mentale per poter affrontare la vita senza timori. In me non prevale
nessuno delle due. Se vogliamo, il “tarlo” del cibo è nato prima. Ho sempre
voluto approfondire la cucina. Il rugby è stato successivo ma, come dicevo, comunque
importante.
Gabriele, sei stato il “craque” della scorsa stagione tv con la tua trasmissione “Unti e
Gabriele, sei stato il “craque” della scorsa stagione tv con la tua trasmissione “Unti e
“Ma
de che. Sto in ciavatte e pigiama!”. Non sono cambiato affatto e chi mi conosce
veramente lo sa.
veramente lo sa.
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Courtesy of DMAX |
Quale credi sia stata la chiave del successo
della trasmissione? Quando è legato alla
tua persona e quanto al format?
tua persona e quanto al format?
Le
due cose. Il format e quindi il lavoro di tutto il team, dagli autori agli
operatori, è
stato eccellente. Senza un simile lavoro non avremmo mai ottenuto questi
risultati.
La trasmissione era cucita su di me. Il mio essere genuino, poi, è
stato indubbiamente
importante, ma senza il contributo delle altre componenti
non sarebbe sicuramente
stato sufficiente a determinare un successo del genere.
Ormai da anni c’è una sovraesposizione
del tema cucina in tv. Dalla Clerici in poi, sono state centinaia le persone in
grembiule nel piccolo schermo. Quanto secondo te, tutte queste trasmissioni
hanno effettivamente trasmesso cultura culinaria?
Non
guardo la tv, non ne sento l’esigenza, quindi non so dirti. Farla, però, mi
piace. La televisione è’ sicuramente un mezzo che ha un potenziale enorme e che credo andrebbe di certo
sfruttato meglio per proporre qualità.
Hai girato il mondo. Al di là delle
leggende metropolitane, la cucina italiana, secondo la tua opinione da addetto
ai lavori, è la migliore al mondo?
No.
La cucina italiana è sbarazzina. Noi abbiamo estro ed ottima materia prima.
Diciamo che siamo degli ottimi assemblatori. Per effetti terapeutici, per
logica, grazia ed eleganza, io prediligo la cucina orientale. In primis la
cinese, con la sua cultura millenaria, da cui poi derivano tutte le altre come
quella koreana, Giapponese, etc.
Io personalmente ritengo che uno Chef
si debba giudicare dai piatti che propone non dal suo personaggio. Tu cosa ne
pensi?
A
me già fa sorridere il titolo. In realtà Chef vuol dire “capo”, quindi dietro
questo titolo ci vuole ben altro. All’offerta di chi propone cucina deve essere
abbinata per forza di cose l’umanità, altrimenti è difficile far
arrivare il messaggio. Un piatto tecnicamente perfetto, ma sterile, non passa,
non ha effetto. Io personalmente mi propongo di offrire la mia esperienza
accumulata nei viaggi che ho fatto e nelle esperienze che ho avuto in cucina a
contatto con altri Chef. Mi considero assolutamente in formazione, faccio
questo mestiere da soli 8 anni. Avrò raggiunto il 10% della mia formazione.
Forse tra qualche anno potrò dire che tipo di Chef sono. Più in generale, credo
che sia buona qualità per uno Chef la condivisione delle esperienze senza
gelosie verso i colleghi ed un’altra qualità importante è la curiosità.
Quanto è importante la creatività per
uno Chef?
Non
è indispensabile, credo che la visione della cucina come arte sia una forzatura
del periodo storico che viviamo. L’occhio vuole la sua parte ma e l’essenza del
piatto la vera arte.
Nelle 12 puntate della scorsa edizione
di Unti e Bisunti, hai proposto soprattutto ricette “povere”, della tradizione
popolare, ingredienti apparentemente meno nobili. Un caso dettato dalle
situazioni o una strategia ben precisa?
Sono stato contattato dal gruppo di lavoro
proprio perché mi ritenevano, per esperienze di vita e formazione, la persona
giusta per descrivere lo street food. La proposta era una cucina “con lo zaino
in spalla”, quindi le due cose; stretegia perché l’obiettivo era descrivere la
cucina dello street food mentre la scelta dei piatti era dettata dalla
situazione.
Il
tuo piatto preferito?
Non
saprei. Non ne ho uno. Sono estremamente
curioso di scoprirne altri. Sempre il prossimo.
Il
piatto che ti ha dato maggiore soddisfazione?
Quello
con cui ho superato l’esame finale alla mia scuola (ALMA di Gualtiero Marchesi,
ndr) Ho preparato le Sarde sul Saor “espresso”, piatto della cultura ebraica, di
estrazione veneziana. Un piatto complesso, soprattutto per i suoi equilibri tra
il sapore rotondo del fritto e la nota acida. Considerando, poi, che, in sede
di esame, il tempo era di 30 minuti, la complessità aumenta. Dietro un piatto
c’è tanta preparazione, insomma. Non si improvvisa in cucina. Questo, sinora, è
sicuramente quello che mi dato maggiore soddisfazione.
Quando
e da cosa hai capito che il tuo futuro era dietro i fornelli?
Nel
2005, quando sono partito dall’Italia (direzione Nuova Zelanda) con l’obiettivo
di fare lo chef oltre il giocatore di rugby.
Un
personaggio, dell’attualità e della storia, per il quale vorresti o avresti
voluto cucinare e perché?
Domanda
difficile...fammi pensare. Passiamo oltre, poi ti dico...dopo aver riflettuto... ne ho 1000 di miti, soprattutto nel Rock, ma se devo sceglierne uni
direi i Queen.
Nota: a questo punto devo rivelare un bel siparietto. Avendo io
chiesto un personaggio, alla sua riposta ho incalzato dicendo: “Ok. Quindi
Freddy Mercury?” e la risposta di Gabriele è stata: “e no, tutti, e che gli
altri componenti del gruppo non li famo magnà!
Il
tuo rapporto con la politica?
Nullo.
Non ho mai votato e mai voterò. Io provengo da un’estrazione classica, credo
nel modello greco della polis, non attuabile al giorno d’oggi. Non mi sento
rappresentato in alcun modo dalla classe dirigente attuale che fa seguire pochi fatti alle tante parole.
Credo si siano persi i valori della sobrietà e della serietà morale che devono
essere i fondamenti della politica.
Il
tuo rapporto con la religione?
Nullo anche quello per motivi
simili: fatico ad individuare i veri valori della religione.
La
tua squadra del cuore (di calcio), se ne hai una?
Non
sono un tifoso di calcio sfegatato, mi piacciono tutti gli sport, ma nel calcio
sono tifoso della Roma.
Il
tuo chef preferito?
Alessandro
Breda. Mi ha dato molto a livello formativo durante lo stage nel suo ristorante
(Gellius, Oderzo – Treviso)
Un
consiglio ai giovani che si avvicinano a questo mondo?
I
giovani non devono limitarsi a guardare la tv, ma aprirsi a tutto tondo, spaziare
su un panorama più ampio. Il consiglio che mi sento di dare però è un altro: non
emulare nessuno, perché ognuno deve fare il proprio percorso, secondo la propria
personalità ed emozioni. Non bisogna partire con lo scopo di arrivare ad essere
come qualcun altro, perché siamo tutti diversi ed ognuno di noi ha un percorso
differente. Altrimenti si rischia di fallire e di avere delle sofferenze da
ciò. Bisogna trovare felicità e serenità in quello che si fa, ed è proprio per
questo che non si deve partire per fare come un altro. Certo si possono avere
dei modelli, da cui prendere spunto, è normale ed è sano, ma se poi questo
sfocia nella voglia di diventare come altri non va più bene.
La
tua compagna di vita che caratteristiche deve avere?
Deve
essere comprensiva, accettarmi per quello che sono senza imporre la propria
personalità. Credo che il rispetto e la condivisione siano alla base della soluzione
dei problemi. Inoltre, è necessario sia indipendente, com degli obiettivi da
raggiungere. Una persona viva e stimolante.
Cosa
ti colpisce in una persona?
Il
carisma, evinto soprattutto da piccoli gesti, dai silenzi. Mi colpisce il
saper stare al mondo, in ogni sua declinazione.
Tra
10 anni come ti vedi?
Non
lo so, oggi sono felice. Di certo mi vedo in continua crescita. Spero di poter
tornare al più presto a girare il mondo, zaino in spalla, per vedere,
conoscere, che, poi, è alla base della crescita come uomo.
Tra
qualche giorno è Natale. Nella tua memoria, quale piatto leghi maggiormente a
questa festività?
Zuppa
di broccoli ed arzilla di nonna. Piatto tipicamente romano. Appagante e dal
sapore inconfondibile.
In bocca al lupo per la tua nuova
trasmissione ed a presto Gabriele
Crepi. Ciao.
E' venuta proprio bene, come mi immaginavo! Non avevo dubbi! :D Grazie carissimo per questa intervista divertente e interessante! Un abbraccione e buon pomeriggio! :))
RispondiEliminaGrazie Ely...ma il merito è stato gran parte di Gabriele...è un gran personaggio e credo, a sensazione, che sia anche una grand persona...quando lo conoscerò meglio te lo saprò dire...
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