martedì 23 agosto 2016

Il Pane Olimpico...semi-integrale

Dopo quasi due mesi di distanza, un mare di impegni di lavoro e qualche giorno di vacanza, torno a scrivere un bel post sul pane. Il pane Olimpico. Perchè olimpico? beh per due motivi: innanzitutto è stato realizzato durante gli ultimi due giorni di Rio2016, ma soprattutto perchè, essendo la prima volta, non avendo dei riferimenti precisi sul pane semi-integrale, c'è voluta calma olimpica per avere un buon risultato. Ora vi dico tutto, ma prima mi preme ringraziare Gianluca Milo, che mi ha guidato da remoto. Visto la sua abilità gli ho chiesto consiglio e lui mi ha indicato la via, questa. Da lì, qualche dritta e questo è il risultato


Ingredienti:

Autolisi:
  1. 500 g farina Macina Mulino Marino
  2. 500 g farina buratto Mulino Marino
  3. 850 g acqua
Impasto Definitivo:
  1. Autolisi 1850 g
  2. 150 g Lms
  3. 22 g sale
Parliamo di un pane ad alta idratazione (85%) con farina integrale e lievito madre. Per ottenere questo risultato ho scelto il metodo diretto con un'autolisi breve (1 h) e lievito madre rinfrescato 2 volte nelle 18 h precedenti.

Di seguito lo schema dei tempi:



























qualche immagine delle fasi di lavorazione
























La farina integrale, oltre ad avere indubbi effetti benefici ed essere molto profumata, è anche non semplice da lavorare, specie se in percentuali così elevate e quando il restante è semi-integrale, seppur di buona forza (290 W).

Con un pò di esperienza e qualche attenzione però di può fare. Innanzitutto, per accorciare i tempi di incordatura, effettuate un'autolisi, mixando la farina con il 55% di acqua (550 g in questo caso).

Dopo circa un'ora nella ciotola dell'impastatrice, sciogliete in 200 g di acqua (fredda visto le temperature) il Lievito Madre Solido con la foglia. Aggiungete, quindi, impasto autolitico avendo cura di aumentare gradualmente la velocità solo quando acqua sarà inglobata.

In qualche minuto dovreste avere incordato il vostro impasto. Bene, è il momento del gancio. In questa fase, entrate con il sale e con la restante acqua (100 ml) e fate ossigenare bene fino ad ottenere la classica palla.

Terminate incordatura sul tavolo di lavoro con slap&fold e coprite a campana. Temperatura uscita impasto: 25° (partendo con farina ed acqua fredde).

Dopo un'ora effettuate, per ossigenare, una piega a 3, e poi altra ora a campana. Dopo la seconda ora, arrotondate impasto e mettete in una ciotola ermetica. Dopo circa 20 min trasferite in frigo per la fase di maturazione.

In questa fase impasto non crescerà molto, ma si muoverà di poco, anche perchè integrale pesa. Lo scopo della maturazione è permettere agli enzimi di scomporre i carboidrati in zuccheri semplici che attireranno i batteri (buoni!) responsabili della lievitazione una volta a TA. La durata minima della maturazione è di 18 h.

Trascorso questo tempo, passate alla seconda parte della puntata, a TA, fino al raddoppio (nel mio caso 9 h).

Una volta raddoppiato, trasferito impasto (con cautela mi raccomando) sul tavolo di lavoro su un velo di semola e fate (se avete molto impasto come me) allo staglio ed alla formatura.

Ora dovete decidere come procedere per l'appretto: io ho fatto TA, per un paio d'ore.

Scaldate il forno al max e fate il taglio (45° 1,5 cm di profondità) per lo sviluppo in forno.

Cottura (sempre statico):
  1. primi 20' 250° (vapore)
  2. 20' 230°;
  3. 20' 210°;
  4. 10' 180°
  5. 20' 180° (spiffero)
In totale 90 min, come da istruzioni di Gianluca, ma poi regolatevi secondo la conoscenza del vs forno.

Provate e ditemi...è un pane che vi darà soddisfazione

Buon Appetito








mercoledì 29 giugno 2016

Fette biscottate integrali con semi di lino e avena e lievito madre

Pane, pane, fortissimamente pane...in ogni forma. Dopo aver raggiunto una discreta confidenza con il pane per tutti i giorni, mi sono voluto avventurare nelle fette biscottate. Sono partito da una ricetta del mio amico Piero, e dopo un paio di prove, ho fatto dei piccoli aggiustamenti di gusto e di esigenze domestiche: 100% integrale e poco zucchero (moglie dixit). In primis ero un pò scettico, perché non mi ero mai cimentato con solo farine integrali; poi, però, l'ho presa come una sfida e, devo ammettere che si può fare, con delle piccole accortezze. Ora vi dico tutto...intanto ecco il risultato


 Ingredienti (per uno stampo da plum cake da 30 cm - circa 30 fette):
  1. 450 g mix farina integrale (io 300 g grano tenero e 150 farro);
  2. 310 g acqua;
  3. 65 g olio di semi;
  4. 75 g lievito madre;
  5. 55 g miele;
  6. 5 g sale;
  7. semi di lino qb;
  8. semi di avena qb;

Parliamo quindi di un impasto molto idratato (80%) e con una cospiscua parte di materia grassa.

Come vi accennavo, per aver utilizzato solo integrale, dovete avere qualche accortezza. La prima: è necessario fare autolisi molto lunga (12-24). Organizzatevi anche con i vostri orari, importante è che utilizziate un pizzico di sale (per rallentare la fermentazione che parte dopo circa 6 ore) e che la facciate riposare a temperature basse (12-14°)

Autolisi:
  1. 450 g farina;
  2. 225 g acqua;
  3. 2 g sale
Normalmente, autolisi prevede 55% acqua (sul peso farina) e niente sale. Dal momento che sarà prolungata, il consiglio è fare non oltre 50% ed un pizzico.

Dopo aver mescoltato grossolamente, avrete una situazione del genere. Pellicolate e fate riposare a 12°-14°




Trascorso il tempo di risposo, fate sciogliere il lms in pari q.tà di acqua (direttamente nella bowl dell'impastatrice), quindi aggiungete (a piccoli pezzi) l'impasto autolitico, avendo cura di aggiungere acqua quando vedete che impasto è troppo duro.

Finito ciò, cambiate la foglia con il gancio ed aggiungete a filo olio, ed altro sale. Una volta terminato fate assorbire miele. Vi consiglio di scaldarlo per renderlo più fluido.

Non appena l'impasto risulta omogeneo, compatto ed elastico, rovesciatelo su un piano di lavoro. 

Su questo un consiglio: dal momento che impasto è ricco di grassi, miele soprattutto, tenderà ad appiccicarsi al piano di lavoro. Cospargete su un foglio assorbente dell'olio (sempre di semi) ed ungete il tavolo. Vi aiuterà ad arrotondare impasto senza lasciare grossi residui sul tavolo.

Pirlate, date la forma del filoncino, mettete in uno stampo oliato e cospargete con i semi di avena. Fate lievitare fino a raggiungere il bordo dello stampo, quindi cuocete. CI vorrà qualche ora, soprattutto con impasto solo integrale.


Cottura:
  1. 15' a 210° (statico);
  2. 30' a 180° (statico.
Vedrete che dorerà e soprattutto avrete un profumo pazzesco in casa.

Una volta terminata la cottura(la prima) fate raffreddare a TA. Dopo di che, affettate il vostro panbauletto e procedete con la biscottatura: 30 minuti a 150° (ventilato), avendo cura di girarle dopo 15 minuti.

Sfornate, fate raffreddare e gustate...ecco il mio consiglio.





























Dal momento che queste fette contengono poca acqua, potete conservarle tranquillamente per qualche settimana in una scatola di latta...tanto non dureranno tanto.

Buon Appetito

Luca

martedì 21 giugno 2016

Dolci d'estate...cheesecake a tre formaggi con coulis di ciliege

Sebbene l'estate non abbia ancora preso completamente piede, in casa Clemé&Calabrè si è già fatto lo switch ai piatti estivi...due su tutti: Polpettone di tonno e cheesecake, in tutte le sue versioni. Oggi vi parlo di una versione sperimentale: la 3 formaggi con coulis di ciliegie. Il bello di questo dolce è che si presta ad un numero pressochè infinito di versioni, giocando sui suoi tre elementi: base, farcia, topping. Sia dolce che salata la cheesecake è un dolce fresco, veloce e comodo da preparare, sfruttando i riposi in freezer. Ho da poco cambiato azienda e non appena si è sparsa la voce della mia passione mi hanno chiesto una dimostrazione (sti malfidati...hihihi). Per me altro non è stata che un'occasione per testare una versione diversa. Per la base biscotti al cioccolato e cereali; per la farcia yogurt, spalmabile e ricotta, coulis di ciliegie per la copertura. Eccola...





























Ingredienti per cerchio da 24 cm:

Base:
  1. 230 g biscotti al cioccolato e mandorle;
  2. 75 g burro 
Farcia:
  1. 500 g yogurt bianco;
  2. 500 g formaggio spalmabile;
  3. 250 g ricotta;
  4. 230 g zucchero a velo;
  5. 150 ml panna;
  6. 12 g colla di pesce
Topping:
  1. 500 g ciliegie fresche;
  2. 150 g zucchero di canna;
  3. 5 g limone
  4. 6 g colla di pesce

La preparazione è facilissima e vi consiglio di dividerla su 2 giorni.

Giorno 1:

Frullate i biscotti sino a ridurli in polvere ed amalgamateli al burro, appena fuso. Ottenere un composto sabbioso. Con l'aiuto di un batticarne fate uno strato di biscotti di circa 6 mm; disponete il piatto in freezer.

Mentre la base solidifica denocciolate le ciliegie e ponetele in una bowl con zucchero e limone. Pellicolate e mettete a macerare in frigo per una notte.

Giorno 2:

Setacciate spalmabile e ricotta, unitelo allo yogurt con zucchero a velo ed iniziate a mescolare per creare una farcia liscia. In un pentolino scaldate, senza portare a bollore, la panna in cui scioglierete la colla di pesce precedentemente ammollata in acqua (rapporto colla pesce:acqua 1:5) e strizzata.

Una volta che la colla è completamente dissolta, unite ai formaggi ed amalgamate il composto. Versate il tutto sulla base, ormai fredda, e mettete in frigo.

Topping: mettete la frutta macerata sul fuoco e portate a bollore a fiamma vivace, una votla raggiunta temperatura, abbassate la fiamma e fate macerare, come una sorta di marmellata. Quanto la frutta sarà morbida da rompersi con un cucchiaio di legno, spegnete e frullate ad immersione. Unite, anche in questo caso, la colla di pesce ammollata e date una girata per non lasciare pezzi. Filtrate con un colino a maglie strette e fate intiepidire.

Versate sulla farcia rassodata (3 h in frigo almeno) e rimettete al freddo per solidificare, diciamo altre 6 ore.

Tirate fuori dal frigo 30 min prima di servire...tagliate e...sbranate...così


 

Buon Appetito

lunedì 13 giugno 2016

Pane arso...dalla Puglia con furore

Da quando la panificazione ha preso piede, negli ultimi anni, l'attenzione verso le farine, in termini di caratteristiche e sapori, è cresciuta in modo esponenziale. Parlare di W, rapporto P/L, % proteine è come parlare del GF nei primi anni del 2000. Chi poi, come me, è appassionato, cerca sempre di provarle tutte o quasi, chiedendo consigli a chi le ha già usate su impiego, % idratazione, "taglio", etc. Oggi parliamo della farina "arsa". Un pane che affonda le radici nella terra che ha regalato i natali a quella "santa" donna di mia moglie che, bontà sua, comincia ad apprezzare i pani domestici. Secondo la tradizione, in passato, i contadini del tacco italico, dopo la lavorazione del grano, potevano tenere per sè i chicchi bruciati, da cui ricavavano - attraverso una successiva macinazione - della farina. E' una farina debole di suo, che, per via del trattamento subito, perdeva ancor di più le proprie caratteristiche organolettiche, quindi il mio consiglio è di non superare il 20% del totale. Da par suò, però, regala una nota aromatica affumicata spettacolare. Ideale per le bruschette. Io l'ho utiizzata come supporto alla farina di tipo 2 e devo dire che il risultato è stato notevole...eccolo





























Ho scelto il metodo indiretto, con un prefermento con Lievito Madre Solido ed Autilisi. Essendo una farina debole ho usato il malto diastatico, ma è assolutamente opzionale. Idratazione totale 75%

Pre-Fermento:
  1. 100 g farina 0;
  2. 100 ml acqua;
  3. 25 g lievito madre solido (rinfrescato 2 volte)
Autolisi:
  1. 400 g farina 2
  2. 100 g farina arso
  3. 275 ml acqua
Impasto Finale:
  1. Pre_fermento;
  2. Autolisi
  3. 75 ml acqua
  4. 12 g sale
  5. 5 g malto diastatico in polvere
Questo pane è un pò lungo, ma non ve ne pentirete.

Schema dei Tempi:






Le fasi principali...

Partite con il pre-fermento, sciolgiendo il Lms in acqua (potete anche utilizzare il minipimer) e, con ausilio di un frustino elettrico, amalgamate la farina. Pellicolate e lasciate a TA per 6 ore.

Dopo 4 partite con autolisi, unendo tutta la farina rimasta ed il 55% di acqua prevista. Una mischiata grossolana. Pellicolate e via.

Consiglio - Autolisi potete utilizzarla per gestire bene il tempo. Dai 30 min alle 6 h non cambia assolutamente nulla. Dopo, Giorilli docet, parte la fermentazione. Ergo, se prevedete tempi più lunghi due consigli: diminuite la temperatura dell'ambiente (mettetela in cantina, ad esempio) e mettete un pizzico di sale che rallenterà la fermentazione.

Dopo 6 ore, terminate con impasto finale: unite i 2 impasti, con frusta K, aggiungente il malto ed iniziate, a velocità minima ad impastare. L'impasto incorderà a tempo di record; iniziate a versare acqua (gradualmente) e parallelamente aumentate la velocità. 

Dopo qualche minuto, è il momento del sale. Quando la ciotola è pulita, cambiate la foglia con uncino e terminate.

Ribaltate sul tavolo e fate puntare 20 minuti. Praticate delle pieghe stratch&fold e pirlate sino ad ottenere una bella palla di impasto incordato, quindi trasferite in una ciotola leggermente unta.

Dopo un'oretta, una volta partita la lievitazione, praticate 1 o 2 pieghe in ciotola (poi regolatevi a sentimento)  e portate a raddoppio.

Trasferite ed allargate impasto sulla tavola e, per omogeneizzare le lievitazione, fate delle pieghe a tre, riposo di 20 min, quindi formate e mettetelo nella forma di lievitazione.

Dopo 30 min in frigo  per 8-10 h per la maturazione. 

Trascorso questo tempo, praticate dei tagli ed è tempo di cottura:
  1. 5 min a 250° (con vapore);
  2. 10 min a 220°;
  3. 30 min a 200°;
  4. 15 min a 180°;
  5. 15 min a 180° (a spiffero);
Fate reffreddare, quindi tagliate.

Avrete un pane aromatico dal retrogusto affumicato eccezionale. 

Provate per credere...alla prox...dove forse cambieremo regione?! Stay Tuned

lunedì 6 giugno 2016

In cucina con...Giambattista Montanari

Chi si avvicina all’arte bianca lo sa…o comunque lo capisce ben presto: se si vuole ottenere dei risultati accettabili, prima o poi (più prima che poi), ci si deve addentrare in tutti gli aspetti chimici e fisici che si celano dietro lo sviluppo degli impasti. Se poi, come il sottoscritto, si ha l’ambizione di farlo con un lievito naturale allora è fondamentale farli propri tutti questi meccanismi. E’ centrale acquisire la capacità di capire cosa succede all’impasto, ed eventualmente apportare dei correttivi per raggiungere il proprio obiettivo. Eh si, signori, perché gli impasti sono materia viva e soprattutto si relazionano con tutte le componenti circostanti, da cui vengono influenzati. Umidità e temperatura in primis, ma non solo. Sono molteplici gli aspetti da considerare e da gestire per ottenere un prodotto soddisfacente. Se non si ha la conoscenza delle materie prime, in termini organolettici, e delle relazioni che si instaurano tra esse, si fa poca strada. Acqua, farina, lievito e sale ad esempio per il pane. Solo quattro ingredienti base per una serie di combinazioni infinite. Per il mio compleanno, quella santa donna di mia moglie, vedendo da vicino la mia dedizione all’arte bianca, mi ha voluto regalare un riferimento del settore: “Ph 4.1: artigianlità e scienza della pasta lievitata” di Gianbattista Montanari, tecnologo e dimostratore della Corman. Libro, da poco votato come migliore testo professionale al mondo.
L’ho divorato in tre giorni, e devo dire che non è un testo semplice. Se non si è già avvezzi ad alcuni concetti è difficile comprenderlo a pieno, ma lo consiglio a tutti. L’autore ha una grande dote, per nulla scontata: riesce a spiegare semplicemente concetti tutt'altro che comuni ed intuitivi per chi non ha un background chimico. Definirlo in poche righe non è possibile, il consiglio è di acquistarlo e farne tesoro. Per una piccola anticipazione, Giambattista ha accettato il mio invito a rispondere a qualche domanda. Ecco a voi…








Da dove nasce la sua passione? Pura casualità. Dai 14 ai 16 anni ho fatto il barista e, rispondendo ad un annuncio di una pasticceria, ho iniziato questa avventura. Pensavo cercassero il barista, invece volevano un apprendista pasticcere. Era il 1979 e da allora non ho mai più smesso. Lo faccio con lo stesso entusiasmo di allora, cercando risposte alle domande che mi pongo per migliorare ogni giorno.
Cosa consiglia ad un ragazzo che si appassiona all’arte bianca? La parola chiave è appunto la passione, senza la quale non si potrebbe migliorare. In pasticceria non si può migliorare senza capire le cose, per cui senza la passione non ci si pongono le domande giuste.

C’è mercato nel nostro Paese per fare bene in questo settore? La panificazione è più in crisi, rispetto alla pasticceria, per via delle campagne denigratorie del pane. Pasticceria tiene di più, meglio il settore dei prodotti da colazione, meno le cerimonie. Noto che a livello generale, manca un po’ di preparazione imprenditoriale; molto spesso non si ha consapevolezza dei costi e tutto ciò che ne consegue

Quali sono le differenze tra lievito naturale, pasta acida e lievito di birra? Il Lievito Naturale (LN) è il più completo, un complesso sistema biologico in continua evoluzione i cui principali attori sono lieviti più precisamente saccaromiceti (funghi) e batteri lattici, che danno vita a una proto cooperazione, ossia una interazione biologica tra le due popolazioni. Il LdB è, invece, concentrato di saccaromiceti e quindi è compatibile con LN (lievitazione mista ottimo per prodotti da colazione). Per i grandi lievitati, come il panettone, una piccola biga, con lunga lievitazione non è drammatica se si deve produrre e il nostro lievito è un po’ debole, in fin dei conti parliamo sempre di funghi della stessa famiglia dei saccaromiceti. La pasta acida, come la conosciamo noi, è una pasta che subendo un’acidificazione eccessiva ha sviluppato maggiormente la componente batterica (fermentazione molto più ridotta). Si usa in panificazione come supporto, industrialmente si ottiene facendo moltiplicare i lattobacilli e producendo impasti molto liquidi e acidi.

Il lievito naturale è materia viva ed reazioni sempre diverse. Cosa è importante gestire a casa? Conoscerlo ed adattarsi alle esigenze di ognuno. A casa non si hanno i supporti industriali, ma con un po’ di organizzazione (uso del frigo e barattoli) non ci sono grosse difficoltà di gestione. Non bisogna affidarsi all’empirismo ma bisogna conoscere.

Come si misura e gestisce, in ambito domestico, l’acidità del lievito? In ambito domestico vale la risposta precedente. La conoscenza, l’esperienza è la via maestra. A livello professionale, invece, si usano il titolatore, grazie al quale si determina l’acidità totale del lievito; però la cosa migliore è l’esperienza, perché neanche il phmetro è “sicuro”, nel senso che determina l’acidità, ma non il rapporto tra elementi lattici ed acetici.

Differenze tra lievito madre solido e liquido nell’impasto finale? La % acqua nel lievito determina lo sviluppo della flora batterica. PM con % di acqua maggiori, quindi morbide,  stimola l’acida lattica, % inferiori al 50% e quindi impasti più duri viene stimolata l’acidità acetica Per questo nei grandi lievitati, uso del licoli deterimana una minore shelf file.

Come leggere le etichette della farina e dell’acqua? Per farina è problematico perché le schede tecnica soni quasi mai disponibili e, spesso, non aggiornate. Per andare sul sicuro, per grandi lievitati, si usa la Manitoba. Poi come tutto il resto, l’esperienza fa tutto. Ove disponibile, meglio scegliere una farina con con 14,5/15% di proteine. Per Acqua, da prediligere quella moderatamente dura e con valori di residuo fisso tra i 100 e 200 mg/l e una durezza misurata in gradi francesi tra i 10 e 20°. In generale per lievito vale il contrario che per le persone. Ultimamente si è visto che un’acqua con Ph più basico (8,5-9) per l’uomo è la soluzione ottimale; per il lievito è il contrario.

Quali elementi coadiuvanti apportare per ovviare a caratteristiche organolettiche delle materie prime? L’estratto di malto diastasico regola la lievitazione, in quanto contenendo zuccheri semplice che sono immediatamente assimilabili dai lieviti, oltre ad enzimi che trasformando continuamente l’amido in zuccheri semplici compensano la perdita di zuccheri della lievitazione. Da usare in misura 1-3% peso farina.

Ci spiega brevemente la magia della lievitazione dal momento in cui acqua e farina entrano in contatto sino a quando impasto raddoppia? Spiegarlo semplicemente è forse più difficile che comprenderlo, ci provo. La lievitazione di un prodotto è la diretta conseguenza di un processo chiamato fermentazione dove i lieviti fermentano zuccheri definiti fermentescibili ossia semplici singola molecola di glucosio, trasformandoli in anidride carbonica. Quest’ultima dilatandosi e rimanendo intrappolata all’interno della maglia glutina da origine all’aumento di volume della pasta ossia la lievitazione. Tutto questo è influenzato da temperatura, quantità di elemento lievitante (LN o LdB) e % di acqua. È proprio vero è una magia veder una pasta crescere cambiare aspetto, soprattutto in forno è una magia unica

E’ utile autolisi? Sempre,in particolar modo con farina più fibrosa, con più parte cruscale. E’ cruciale, allungando la catena proteica si ottiene una maggior estensibilità e quindi una resa migliore. Per farine bianche, 1 h è sufficiente, mentre più è integrale e più cresce. 100% integrale anche 12 h.

Come correggere un impasto? Ci sono pochi margini di recupero a valle. Bisogna evitare di arrivarci. Meglio se troppo duro che troppo morbido per rimediare.

Le pieghe sono utili per lo sviluppo del glutine? Con quali farine? Il glutine si sviluppa con azione meccanica. Quindi si, sono utile x consolidare la maglia glutinica


Grazie mille per il suo tempo ed in bocca al lupo per il futuro.