lunedì 26 gennaio 2015

Ciambellone 2.0: il ciambellone pandispagnizzato di Giovanna

Pan-di-spa-gniz-za-to! Tranquilli, l'animo di Maroni e della macroregione non si è impossessato di me. Quando ho pensato a come intitolare la ricetta di oggi, ho coniato questo neologismo ed è stato il primo pensiero. A proposito, oggi parliamo di...ciambellone. Si tratta di uno dei dolci che più comunemente è presente sulle tavole, a colazione o merenda, di tutti noi. Anche chi non ama o non è portato per l'arte culinaria, almeno una volta si è cimentato nella realizzazione del ciambellone. A casa Clemente, il ciambellone era una cosa sera. Mia madre, la sora Vicenzina, (donna straordinaria con un'energia fuori dal comune, tanto che noi figli dubitiamo che lei faccia uso di sostanze proibite) nel suo doppio ruolo di mamma e lavoratrice, a tempo pieno, non aveva molto tempo per i famosi "manicaretti". Nonostante questo, però, la domenica, prima che negli ultimi anni vivesse la sua seconda fase, quella della pizza, si cimentava con il ciambellone. Ricordo, che specialmente negli anni '90, nella mia adolescenza, spesso la domenica pomeriggio, tra una partita e gli immancabili compiti, era ciambellone-time. A forza di vederlo fare, a circa 12 anni, ero perfettamente in grado di cucinarlo, cosa che, tra l'altro, è spesso avvenuta. Mamma lo faceva con la marmellata; di prugne, la sua preferita. Ovviamente, di madre in figlio, questa tendenza al ciambellonismo, si è tramandata anche a me, e, soprattutto a mia sorella Giovanna. Negli anni, Giovanna ha sperimentato e trovato nuove tecniche di lavorazione e cottura del ciambellone, sino ad arrivare alla ricetta di oggi. Il ciambellone 2.0: pandispagnizzato. La ricetta è quella standard, che, con qualche piccola variazione o personalizzazione ognuno di noi ha. La novità è la preparazione. Per renderlo straordinariamente morbido, proprio come il pan di spagna, Giovanna teorizza che le uova e lo zucchero vadano lavorate e montante a lungo (almeno 15 minuti). Devo dirvi che è stata una vera scoperta. Se puntate sulla sofficità, allora dovete provare il Metodo Giovanna. Ecco il risultato. Vi proprongo la sua versione (aromatizzato alle mandorle amare), a cui ho aggiunto i lamponi, per dare una nota acida. Nulla osta, ovviamente, che aromatizziate come più gradite...la chiave è il metodo, pandispagnizzare. Ecco il risultato...



































Ingredienti (stampo da 26 cm):
  1. 200 g di uova intere (comunemente 4);
  2. 350 g di zucchero semolato;
  3. 400 g di farina (io ho usato 300 di manitoba e 100 di farina 00);
  4. 200 ml di olio di semi (1 bicchiere);
  5. 200 ml di latte intero (1 bicchiere);
  6. zeste di 1 limone bio;
  7. 1 cucchiaino di aroma di mandorla amara;
  8. 1 bustina di lievito per dolci;
  9. lamponi qb

Procedimento:

Se non volete diventare più asimmetrici di un quadro di Picasso, con il vostro braccio (forte) come Nadal e l'altro come un impiegato del catasto (professione comune di essere umano desportivizzato), allora è il momento di farvi aiutare da un elettrodomestico: fruste elettriche o, meglio ancora, impastatrice.

Unite le uova intere e lo zucchero nella ciotola dell'impastatrice e, con la frusta a planetaria, aumentando gradualmente la velocità, montate la massa.

Pillole di Tecnica - 1: una buona massa montata deve aumentare il suo volume di 5 o 6 volte e deve "scrivere", ovvero, muovendo la frusta sulla massa, la sua consistenza deve essere tale da non affondare, ma lasciare dei "ghiri gori" sulla superficie.




Mediamente, considerando il volume da montare e la potenza del vostro elettrodomestico, dovreste impiegare circa 15-20 minuti.

Ora che avete pandispagnizzato, proseguite con la normale procedura, dividendo l'ingresso di ingredienti secchi e liquidi.

Una volta raggiunta la giusta "montatura", ora l'obiettivo è evitare di smontarlo; altrimenti avrete sprecato tempo ed energia (fisica ed elettrica).

Entrate con i liquidi (olio, latte ed aroma) e, con la frusta a foglia, velocità minima, lasciate incorporare. Mi raccomando, velocità minima, se non volete smontare la massa e sporcare la cucina. 

Pillole di Tecnica - 2: quando mescolate due composti di diversa consistenza, come in questo caso, dovete sempre iniziare con bassa velocità. Questo perchè essendo appunto di diversa consistenza, la massa più liquida tenderà a galleggiare. A bassa velocità, la frusta K, tenderà a dividere il composto più areato, facendo penetrare quello più liquido. Risultato che otterrete solo con una bassa velocità.

Una volta ottenuto un composto omogeneo, è il turno degli ingredienti secchi (zeste di limone, farina e lievito).

Pillole di Tecnica - 3: ogni volta che dovete unire diversi ingredienti secchi, lievito compreso, setacciare è sempre un buon metodo. Eviterete la formazione dei grumi, che in questo caso è dovuta alla diversa granulometria degli ingredienti. Ripetete l'operazione, almeno  due volte oppure utilizzate setacci con la maglia di diversa larghezza (prima più larga, poi più stretta).

Aggiungete, gradualmente, le farine e, con la frusta K, sempre a velocità bassa, fate incorporare il tutto.

A differenza del Pan di Spagna, in cui questa operazione, per evitare di smontare la massa, dovete eseguirla con un cucchiaio di legno (il mestolo bucato), in questo caso, avendo anche altri liquidi, non c'è problema a farlo con l'impastatrice.

Aggiungete i lamponi, mescolate velocemente per distriburli omogeneamete ed il gioco è fatto.

Pillole di Tecnica - 4: per evitare di trovare i lamponi (o qualsiasi altro frutta o anche marmellata) sul fondo del dolce, cosa che per giunta, complicherà l'estrazione dallo stampo, non dovete far altro che infarinare leggermente i vostri lamponi. In un contenitore con il coperchio, inserite i lamponi e la, poca, farina; chiudete il tappo e scuotete leggermente. Togliete la farina in eccesso ed inserite i frutti nell'impasto. La farina creerà attrito con la viscosità dell'impasto ed eviterà di farli arrivare su,l fondo.

Versate il tutto in uno stampo, precedentemente imburrato e spolverizzato di farina e via in cottura.

Pillole di Tecnica - 5: ovviamente scegliete un burro neutro (non salato) se non volete dare un retrogusto al vostro dolce. Inoltre, dopo aver spolverizzato di farina, togliete l'eccesso, altrimenti la farina brucerà dando una nota eccessivamente amara al vostro dolce.

Cuocete a 180° per circa un'ora. Dopo 45 minuti, fate la prova dello stecchino, in diversi punti del dolce, per saggiarne lo stato di cottura.

Sfornate, fate raffreddare e poi impiattate, guarnendo con zucchero a velo.

Se, come me, utilizzate uno stampo in alluminio, ricordate di non lasciare troppo tempo il dolce all'interno dello stesso. L'alluminio è ottimo per cuocere, ma non è in nessun modo adatto a conservare i cibi. Raffredderà, comunque, in tempi rapidi, ergo non abbiate neanche fretta. Un dolce caldo rischia di rompersi con maggiore facilità. Avendo reso lo stampo anti-stick (con burro e farina), ed avendo il dolce, almeno, tiepido, se non freddo, vi basterà rovesciarlo sull'alzata o sul piatto da portata, battere leggermente sui bordi e vedrete che non avrete alcun problema a "stamparlo".

Ecco il risultato...





































Buon Appetito...godetevi il vostro ciambellone


lunedì 19 gennaio 2015

Lo spago delle due equivalenze contrastanti: spaghetti di mais, 'nduja e menta

Quante volte vi è capitato che un parente, conoscente, collega o amico, più grande di voi, con fare contrito, guardandovi dritto negli occhi, come se stesse per spiegarvi cos’è il Bosone di Higgs, poggi una mano sulla vostro spalla, e, scuotendo il capo in segno di dissenso, vi dica: “Ragazzo mio, sai che ti dico? Non ci volevo credere, ma è proprio vero; si stava meglio quando si stava peggio!”. E da lì parta con una dissertazione sui massimi sistemi tale per cui tu, in quel momento, vuoi solo sparire e pensi “Invisibile, invisibile”, sperando che, come per magia, l’esortazione funzioni e qualche aiuto ultraterreno, di qualsiasi altro sistema interstellare, possa salvarti da quei cinque minuti di “nulla cosmico”. Ecco. Di fronte ai luoghi comuni io sono critico per definizione. Un po’, per rifiuto di omologazione, un po’, perché io amo ragionare sempre con la mia testa. Però, perché è anche vero, che c’è sempre un però, se andiamo a leggere tra le righe, c’è sempre un significato, magari nascosto tra i meandri, positivo. Nello specifico, il messaggio è: semplicità=bontà. Con il progresso e con l’opulenza, la scienza e la tecnica hanno mosso passi da giganti, sebbene molto vada ancora scoperto, per fortuna. Il mercato, anche per esigenza di riconoscibilità delle aziende, ha promosso una grossa accelerazione sulla personalizzazione dei prodotti. Sempre più nicchie di prodotti, avvenuta anche a seguito della liberalizzazione. Tecnicamente si dice che il mercato è polarizzato. Chi, quindi, prima aveva il monopolio o era riconosciuta come riferimento del proprio segmento di mercato, ora, per mantenere la stessa posizione, ha necessità di comunicare che, in ogni caso, è l’azienda che riesce a rispondere, al meglio, ai bisogni delle persone. Perché, ricordate, per avere efficacia sul mercato, il marketing deve essere in grado di costruire un’immagine che non sia circoscrivibile nel prodotto/servizio, ma nell’esigenza a cui quel prodotto risponde. Quindi, per esempio, il vettore aereo non è un’azienda del settore mobilità, bensì è l’azienda che risponde alla tua esigenza di vacanza e quindi di riposo mentale. Vi cambia la prospettiva, non credete? E’ più il messaggio è positivo, più i consumatori finali sono disposti a spendere di buon grado. Per aumentare la redditività, ogni azienda, deve rispondere a dei comportamenti di acquisto. E quando non ci sono, le aziende cercano di crearli. Come? Cercando di indurli con messaggi. Sempre più settoriali, specifici. Un esempio banale ed attuale. Avete notato che, nel mercato farmaceutico, da qualche mese le medicine sono sempre più specifiche, diversificate per intensità del disturbo da risolvere. Basti fare attenzione alle pubblicità. Hai un dolore? Ok, c’è medicina. Ma, quanto è intenso? Se poco c’è questo medicinale, se il dolore è forte ho questo, che è simile solo che te lo fa passare in 3 minuti invece che in cinque. Il retromessaggio che io, dall’alto della mia “ignoranza” colgo è: perché soffrire inutilmente? Paga che ti passa…prima! Quanto valgono per te due minuti di benessere in più? Se hanno un valore, il mercato intercetta questa esigenza e ti offre la soluzione. E personalmente lo ritengo anche corretto. D’altro canto, tutto questo meccanismo, porta ad un’altra equivalenza: personalizzazione=complicazione. Che di per sé non è negativa, ma richiede, comunque, abilità nel gestirla. Una cosa, però, è fondamentale: non credere che le cose “semplici” siano sbagliate. Con questa ricetta, voglio proprio dimostrare questo. Per veicolare questo messaggio, ho scelto di proporre un ingrediente semplice, ma buono; che riporti alla mente la cultura della coltura: la ‘nduja. Made in Calabria. Home made in questo caso. La ‘nduja utilizzata è stato un gentile dono di Emma, una mia collega originaria di Ca-tan-za-ro. Per chi non lo sapesse, la ‘nduja è una preparazione a base di grasso di maiale. Avete mai sentito il detto “del maiale non si butta niente”? Eccone una dimostrazione. Nello specifico, quella della signora Maria, contadina d’altri tempi che ha confezionato questa meraviglia, così composta: grasso di maiale, peperoncino calabrese (altro fiore all'occhiello della punta dello stivale italico), pomodoro e peperoni. Tutti insieme appassionatamente, nello stesso budello. Vi assicuro che è più buono di quanto sembri. Se chiedete ad un calabrese come impiegarlo, ti risponderanno: “ovunque, anche nel cappuccio a colazione”. Pensate che questo era il pasto “povero” dei contadini, dei pastori, di tutte quelle figure che vanno, purtroppo, sempre più scomparendo; uscendo all’alba per andare sui campi, sui pascoli, ed avevano necessità di fare un pasto fugace, calorico e pratico. La ‘nduja era il companatico perfetto. Possiamo definirlo “povero” solo perché economico, visti gli ingredienti, ma non a livello di gusto. La ‘nduja, infatti, è saporito (il maiale), dal gusto definito (piccante del peperoncino) e, nel mio caso, dai profumi mediterranei (pomodoro e peperoni). Insomma, tanta roba! Io ho pensato di abbinarlo ad un classico italiano: la pasta. Ho scelto gli spaghetti di mais, per provare un nuovo abbinamento. Risultato interessante…il dolce del mais stempera bene il picco di gusto della n’duja…gluten free ma con tanto gusto…































Ingredienti per 4 persone:
  1. 400 g di spaghetti di mais;
  2. 'Nduja qb
  3. basilico o menta

Solo 3 ingredienti. Semplice, no? Pochi? Equilibrato direi. Non per altro è il numero perfetto. Tralasciando le teorie che portano a questa credenza, e passando alla scienza che più ci appassiona, quella culinaria, in questo caso, non tanto per il numero, quanto per l'equilibrio, è una ricetta veramente centrata.

Avete una cena improvvisa di amici da organizzare all'ultimo momento? Questa una soluzione. E' la classica soluzione last second. Potreste anche invitare il vicino incontrato in ascensore e fare un figurone, tanto è facile l'esecuzione di questo primo.

Chi mi conosce e segue sa che amo dare nelle mie ricette i rapporti tra gli ingredienti perché è un modo semplice di ricordare e di agevolare le cose. In questo caso, però, è particolarmente difficile, perché nell'arte del grembiule, per fare gli abbinamenti, la parola d'ordine è armonia. Tra i sapori, tra le note di gusto. Per armonizzare, però, è fondamentale conoscere.

In questo caso, dovete capire, solo assaggiando il vostro prodotto, quando utilizzarne per la quantità di pasta che dovete preparare. Per una volta, quindi, metodo empirico, o come dicono quelli bravi, i fighetti del controllo: "per approssimazioni successivi". Fate le prove, insomma.

Una volta centrate la giusta quantità, l'esecuzione è banale: mentre la pasta cuoce, in abbondante acqua salata, sciogliete, senza alcuna aggiunta di grassi, la vostra 'nduja in una padella.

Punto di attenzione 1 - gestire la sapidità. Il peperoncino è un esaltatore di sapori, quindi, restate bassi ed avrete il giusto mix.

Punto di attenzione 2 - I tempi: essendo grasso (la 'nduja, non io...) si scioglierà in breve tempo, quindi, per evitare che si raffreddi, aspettate gli utlimi tre minuti di cottura.

Una volta sciolto, scolate la pasta, avendo cura di lasciare un pò di acqua di cottura che vi aiuterà a creare la giusta viscosità.

Saltate in padella e servite, guarnendo con foglioline fresche di basilico o menta (la nota fresca).




Quanto al formaggio, io ve lo sconsiglio. E' un piatto tendenzialmente asciutto, rischiate lo spiacevole "effetto colla".


Buon Appetito


mercoledì 14 gennaio 2015

Riso "ubriaco" dalla faccia sporca...valorizzare gli avanzi

Detta così, mi rendo conto possa, ad un audience superficiale, non attrarre! Spesso, però, riuscire ad andare oltre le apparenze, leggere tra le righe o utilizzare l’arte dell’esegesi, è l’arma vincente. Come in questo caso. Quello che vi propongo oggi, è una ricetta che mi è stata ispirata da una visita in libreria. Sono convinto che il binomio formazione&informazione sia sempre vincente nella vita. Così, quando mi capita una libreria a tiro, non me la faccio scappare. Ed armato di curiosità, mi spulcio tutti i titoli delle sezioni che riguardano le mie passioni. Mentre ero a Foggia, in trasferta dai “soceri”, a Natale, scegliendo un libro che riempisse i pochissimi vuoti lasciati dalle staffette alimentari (+3 kg in 5 gg recita il poco onorabile bollettino dei bagordi), mi sono imbattuto nella nuova edizione di un libro, a mio modo di vedere, assolutamente geniale, soprattutto per il momento economico che viviamo: “L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa” di Olindo Guerrini. Testo del 1918 che ultimamente è stato “rieditato” con il contributo dello Chef del “mappazzone”, il 7 stelle Michelin, Bruno Barbieri. La chiave di lettura, il trait-union delle 800 ricette è semplice ed efficace e ripercorre un po’, la fisica, con il primo principio della termodinamica: “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Quello che ai più, sembra un avanzo, con un’analisi più attenta, invece, può essere una valida risorsa. Quanti di voi, seduti - appunto – nelle mense aziendali hanno visto l’arrosto del lunedì trasformarsi, magicamente, nel polpettone del martedì, per poi finire nel ripieno dei tortelli del mercoledì? Se questo meccanismo, che dal punto di vista del gusto è perverso, ma da quello economico è assolutamente corretto, viene gestito con sapienza, come nel caso del buon forlinese, allora gusto ed economicità convergono. Così è nata l’idea di fare la stessa cosa alla chiusura delle feste. Il 6 sera ispezione del frigo. Il report delle materie prime, utilizzabili allo scopo, recitava: bottiglia iniziata di spumante (italiano) e melograno. Come unire un alcolico ed un elemento fresco, ma tendenzialmente acido? Con un elemento neutro: il riso. Per fare il risotto consiglio un carnaroli o il vianone nano. In questo, caso, proprio per cercare di rientrare in forma ho seguito la via dell’integrale. Vi dirò, con quale accortezza, non è una situazione di ripiego. Anzi…è proprio una bella alternativa…Ecco il mio risotto integrale allo spumante con melograno in chicchi































Ingredienti per 4 persone:
  1. 400 g di riso integrale;
  2. 500 ml di spumante;
  3. 300 ml di brodo vegetale;
  4. Olio evo aromatizzato alla cipolla;
  5. 1 melograno
  6. olio evo qb (x mantecare)
  7. Parmiggiano Reggiano qb;
  8. olio aromatizzato al basilico Marina Colonna


Dal momento che, di fatto, anche se gustoso, è una pietanza che tenderebbe al dietetico, il primo passo è evitare il soffritto. Per non rinunciare al gusto, però, l’alternativa è utilizzare un olio aromatizzato alla cipolla.

Olio aromatizzato alla cipolla: mondare una cipolla, tagliarla in 4 spicchi e farla riposare in una terrina con olio evo. Lasciatela in “immersione” per circa un’ora. In questo tempo, per osmosi, l’essenza della cipolla aromatizzerà l’olio. Secondo step, per accellerare l’operazione, utilizzate il microonde. Max potenza (750W nel mio caso) per 5 minuti. All’apertura del microonde avrete la cucina inondata di odore di cipolle…ergo…aprite anche una finestra…

In una capiente padella a bordi alti, fate scaldare quest’olio.

A temperatura raggiunta, unite il riso. Come fare a capire se olio è a temperatura? Innanzitutto fatevi aiutare dall’esperienza, ma poi, gli altri sensi dovranno soccorrervi. In questo caso è l’udito. Il suono dovrà essere uno “tschhhhh” deciso.

A tostatura avvenuta, versate lo spumante.

Per fare questa operazione, così come ogni volta che unite una base alcolica in una preparazione sul fuoco, spostatevi dal fornello (o alzate leggermente la pentola/padella dal fuoco).

A fuoco dolce, fate assorbire, rimestando di tanto in tanto.

Mentre il riso si ubriaca, tagliate il melograno (adagio...se non volete trasformare il vostro piano di cucina, in uno scenario degno di CSI) e, con pazienza, ricavatene i chicchi, che tamponerete con della carta assorbente.

Considerate che il riso integrale, per struttura organolettica, assorbe più liquido. Lo spumante non vi basterà per arrivare a cottura. Integrate, secondo necessità, con del brodo vegetale, e portate a cottura.

Mantecate con olio evo (niente burro, ricordate che il vostro obiettivo è portare la tanto “odiata” lancetta della bilancia verso sinistra) e parmigiano.

Tenete conto che non rilasciando molto amido in cottura il riso integrale, la cremina dovrete crearla nella fase di mantecatura, con il giusto mix di grasso e formaggio.

Impiattate e guarnite con il melograno, giro di olio evo aromatizzato al basilico, riposo di un paio di minuti e via...


Soluzione raffinata per valorizzare, in una portata unica (visto che è una piatto Food&beverage), gli avanzi delle feste.

Buon Appetito

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martedì 13 gennaio 2015

Contest La Molisana: la semplicità di ritorno. Come trasformare un fattore "scarso" in un fattore "critico" di successo

Nel mio lavoro, il controller, una delle princiapli analisi, di efficienza e profittabilità economica, è basata sul "fattore scarso". E' volta a determinare cosa meglio produrre partendo da un vincolo tecnico. Un pò per deformazione professionale, un pò perché sono una persona razionale, tendo a fare lo stesso nella vita di tutti i giorni. Se ci pensate bene, qual è il bene più scarso e, quindi, più prezioso della nostra generazione? Il tempo. Quante volte avete pensato: "mi servirebbero giornate di 36 ore!". Io sempre. Purtroppo, la mancanza di tempo va spesso a penalizzare le attività sociali. Neanche più alle feste comandate si ha tempo per "ricevere" come si vorrebbe. Anche perché, e questo però dipende da noi, con la curva di interesse iperbolica intorno alla cucina di questi ultimi anni, per organizzare una cena, pretendiamo da noi stessi performance alla Massimo Bottura. Quando, poi, invece, un bel piatto della tradizione, alla "Nonna Cesira" (nome comune di grassa nonna cucinante), sarebbe la soluzione più idonea. Si perde di vista il vero obiettivo: lo stare insieme, la convivialità. Il cibo deve essere il mezzo, mai il fine. Sarebbe sano ed anche giusto, ripensare le priorità. E' proprio questo il fine de "La Molisana", che lo scorso mese, in un'iniziativa di marketing esperenziale, nell'ambito del "Molise Calling" ha invitato 17 blogger presso la propria sede, a Campobasso, per veicolare questo messaggio: "semplicità di ritorno". Torniamo alla semplicità insomma! Non per forza bisogna produrre piatti stellati per coccolare i nostri commensali, per farli sentire importanti. La strategia è chiara e definita: trasformare il nostro vincolo, il fattore scarso, nel punto di forza, nel fattore critico di successo. Questo è il messaggio che noi blogger e "La Molisana" vogliamo diffondere, in un'azione di viral marketing. Spesso, come proprio il marketing ci insegna, la cornice conta come, se non più, del quadro. E soprattutto, ma chi lo dice che "la gioconda" sia preferibile ad un'opera di un'artista di strada? La cucina, così come l'arte, andrebbe valutata dalle emozioni che procura, piuttosto che dalle tecniche utilizzate. Nelle 24 ore trascorse a Campobasso, noi blogger abbiamo respirato "aria di casa", un ambiente "pantofole e vestaglia" e non "tacchi a spillo e corpetto", nella migliore delle sue accezioni. Se fosse una ricetta direi...

Ingredienti:

  1. 17 blogger (preferibilmente diversi tra loro e di qualità);
  2. 1 confezione grande di Sentimenti sani;
  3. 1 ambiente genuino

Procedimento


Semplice, ma di sicuro successo: mettete nello stesso ambiente, caldo, tutti gli ingredienti e, dolcemente, fate amalgamare...naturalmente.

Quando vedete che di tanti elementi si è creato un unicum, allora l'amalgama è fatta...avrete ottenuto il vostro obiettivo.

E, proprio, sulle ricette, che la nostra "sfida" si terrà. Dal 15 Gennaio al 12 Marzo sfiderò i miei 16 colleghi nel Contest "Semplicità di Ritorno" a suon di mestoli, foto e testi. 

Un contesto competitivo ma che, oltre alla sana rivalità, ci vede uniti nel diffondere il messaggio: "Semplice è bello!"

Io, da par mio, chiudo con una formule (ormai marchio di fabbrica del Panda):

Semplicità (di preparazione) + Accoglienza (sentimenti) = SUCCESSO

E voi che ne pensate?

Leggeteci, giudicateci e, soprattutto, veicolate con noi il messaggio:

TORNIAMO ALLA SEMPLICITA'

Il campo di sfida:

  1. Cheese Love Peppers - Ale&Claudia 
  2. Cappuccino e Cornetto - Fedora
  3. Cucinando con mia sorella - Chiara
  4. Dolcezze di nonna papera - Alessia
  5. In cucina con Roberta - Roberta
  6. Un pezzo della mia maremma - Tamara
  7. Like Eat - Giovanna
  8. Nato sotto il cavolo - Sabrina
  9. NON SOLO BAMBOO
  10. peperoni e patate - Teresa
  11. per un pugno di capperi - Luca
  12. robysushi - Roberta 
  13. rossella in padella - Rossella
  14. semplicemente cucinando - Laura
  15. singer food - Pietro&Francesca
  16. spadellatissima -Lina
  17. verdecardamomo -Claudia
Oltre al profili social de La Molisana:


Visitateli perché vi assicuro, sono tutti bravi, ognuno con il proprio stile.

Secondo questo calendario troverete le ricette per questa sfida:



Hastag di riferimento: #PASTALAMOLISANA, #MOLISANACALLING


Diteci che ne pensate...



giovedì 1 gennaio 2015

Ricette in barattolo: cookies al cioccolato

Buon 2015 a tutti! Per iniziare bene l'anno, complice le temperature siberiane di questi giorni, Vi propongo una ricettina di confort food. Di quelle che quando le mangi ti rimettono in sintonia con il mondo, ti fanno capire quanto - spesso - la semplicità è la risposta giusta: i cookies. Facili, veloci, buonissssssssssssimi. L'idea nasce da un regalo ricevuto da una amica e collega: Melania, meglio nota come "Pagnottella" (vista la comune passione per i lieviti). Il 23 dicembre, tornato da un pranzo con i colleghi, trovo un barattolo sulla scrivania, con un bel drappo rosso in cima ed un "cartoccetto". Incuriosito, da lontano, cominciai - con fare interrogativo - a scrutarlo. Ricordo che il mio primo pensiero è stato: "figo sto soprammobile natalizio, sicuro lo riciclo a qualcuno! Daje, un regalo de meno!". Poi, invece, avvicinandomi mi accorsi che conteneva gocce di cioccolate. E lì, curioso come poche altra volte, il pensiero divenne: "Allora se magna, me lo tengo! Un regalo in più, uno in meno che fa". Per dirimere definitivamente la questione, bisognava leggere  la pergamenina. E che ti scopro? Ma non era una ricetta?! Quella dei cookies, appunto. Capii subito che era opera di Pagnottella. Così, entusiasta, la chiamai per ringraziarla e complimentarmi. Ragazzi, è una idea geniale: semplice, colorato, caldo, divertente, accattivante ed economico. Quando si dice che le idee spesso fanno la differenza. Il barattolo conteneva gli ingredienti asciutti della ricetta. Bastava aggiungere i liquidi, seguire le istruzioni ed il gioco era fatto. Non vedevo l'ora di procedere, solo che il Natale imcombeva, con tutti gli impegni che comporta. Non appena avuto un secondo, mi sono cimentato ed ecco il risultato. Per la serie "Ricette in barattolo":cookies al cioccolato!






















Ingredienti:
  1. 300 g di farina;
  2. un cucchiaio di bicarbonato;
  3. mezzo cucchiaino di sale;
  4. 100 g di zucchero semolato;
  5. 150 g di zucchero di canna;
  6. 250 g di gocce di ciocciolato;
  7. 180 g di burro;
  8. 50 g di uovo intero

Avete capito perché parlavo di confort food?  Ecco, vi rimette in sintonia con il pianeta meglio di qualsiasi pratica zen, con una leggggera differenza: invece di sentirvi sollevati, avrete la sensazione di essere zavorrati. Quindi, confort si, ma con giudizio!

La preparazione è a dir poco banale e rapida.

Mentre il forno raggiunge la temperatura di crociera (190° ventilato), svuotate il contenuto del barattolo (farina, bicarbonato, sale, zuccheri e cioccolato) nella bowl della planetaria, aggiungendo il burro, tagliato a dadi.

Burro: l'impasto è simile ad una frolla, quindi il burro, che funge, così come l'uovo, da legante, deve essere freddo, ma non di frigo, portatelo a temperatura ambiente almeno 15 minuti prima di cominciare.

Frusta K (o foglia che dir si voglia, beccateve pure sta rima de primo dell'anno dal Panda poeta) ed iniziate ad amalgamare il tutto, prima a velocità minima, poi aumentando leggermente.

Una volta che il vostro composto risulta essere sabbioso, è il momento dell'uovo. Aggiungetelo (consiglio già sbattuto) e continuate ad amalgamare sino a che tutti gli ingredienti risultino completamente legati. Devono formare un unicum disomogeneo ma coeso.



Non vi preoccupate se non forma la palla come una frolla, tanto non dovete stenderla.

Ultimo passaggio: dalla materia alla forma.

Prendete delle noci di composto e, come se faceste delle polpette, con il solito gioco di palmi di mano, create delle palline di impasto, adagiatele su una leccarda, opportunamente rivestita di carta forno, ed esercitate una leggera pressione sulle stesse. Questo il risultato.




Cottura: 180-190° ventilato per 8-10 minuti ad una altezza media.


Consiglio: distanziate bene i cookies sulla teglia (almeno 5 cm in ognuno dei punti cardinali); in cottura si allargheranno per effetto del calore e dell'agente lievitante (bicarbonato). Rischiate di fare un mono-biscotto grigliato altrimenti.

Quando vedete che i bordi sono scuri e la superficie dorata sono pronti.

Appena sfornati saranno ancora morbidi. No problem! E' giusto così...una volta raffreddati risulteranno fragranti al punto giusto. Proprio per questo, non li sovrapponete durante la fase di raffreddamento, se non volete rischiare che vi si attacchino.


Ecco a voi cookies nel barattolo:



Croccanti in superficie, setosi all'interno

Ed ecco la mia prima colazione del 2015:




Niente male, vero?


Buon Appetito