venerdì 6 dicembre 2013

In cucina con: Gabriele Rubini...Chef Rubio

Buongiorno ragazzi. Oggi vi presento un novità, la nuova sezione: "In cucina con..."., spazio riservato ad interviste a persone del mondo della cucina e non solo. 

Inauguriamo con il protagonista indiscusso dell’ultima stagione televisiva, in tema di cucina. Con il suo stile immediato, genuino e per niente “impettito”, ha ribaltato lo stereotipo dello “Chef del piccolo schermo”, azzerando le distanze ed  ottenendo, così, il doppio successo: pubblico e critica. Il Guru Aldo Grasso, lo ha definito “…performer particolarmente abile nella comunicazione”. Stiamo parlando di Gabriele Rubini, meglio noto come Chef Rubio, protagonista della trasmissione di cucina più pulp del 2013, “Unti e Bisunti”, trasmessa da DMAX. 

Incuriosito dalla persona, prima ancora che dal personaggio, che comunque gli calza a pennello, ho voluto intervistarlo per conoscerlo meglio. Ne risulta un uomo complesso e profondo, che spazia - senza problema alcuno - dalla cucina alla religione, passando per la politica. Un 30enne che dai suoi viaggi ha accumulato esperienze e conoscenze, che hanno contribuito in modo importante alla formazione del Gabriele di oggi. Simpatia dilagante, tono amichevole, citazioni di letteratura e cultura greca, alternate a battute romanesche,
tratteggiano una persona piacevole e soprattutto per niente costruita.

In attesa della seconda edizione di Unti e Bisunti, Gabriele sarà impegnato, a partire dal 22 Dicembre (tutte le domeniche alle 23), in un nuovo format tv, sempre su DMax: IL CACCIATORE DI TIFOSI. In questa avventura, Chef Rubio avrà modo di fondere la passione per il rugby con quella per la cucina. In attesa di vederlo in tv, ecco a voi Gabriele Rubini…

IL CACCIATORE DI TIFOSI (Courtesy of DMAX)




Nome: Gabriele
Cognome: Rubini
Nome d’Arte: Chef Rubio
Data di Nascita: 29 Giugno 1983
Luogo di Nascita: Frascati (RM)


Un rugbysta tra i fornelli. Rugby e Cucina quindi, in questi primi 30 anni di vita. In entrambi i contesti si lavora in squadra. Quale affinità e quali differenze noti tra i due contesti nello spirito di squadra?

In entrambi i contesti si ha a che fare con una squadra, è vero, ma lo spirito è molto diverso. Non sono paragonabili. Mentre nel rugby sono tutti volti al raggiungimento dello stesso obiettivo come formichine, in cucina è più un insieme di singoli, divisi in settori. Anche in cucina, come nel rugby, deve esserci necessariamente coordinazione, ma lo spirito di squadra è diverso. Nel rugby è più puro e fraterno.

In te ci sono due anime: il rugbista e lo chef? C’è n’è una prevalente o sono semplicemente due proiezioni diverse del tuo “io”?

In me ci sono mille anime, un po’ come in “uno, nessuno e centomila”. Ora in evidenza ci sono questi due aspetti, ma sono solo due dei tanti. In ogni caso, l’imprinting del rugby è forte e chi ha giocato conosce di cosa parlo. Questo sport ti forma la mente prima che il fisico, ti rafforza lo spirito, aumenta la forza mentale per poter affrontare la vita senza timori. In me non prevale nessuno delle due. Se vogliamo, il “tarlo” del cibo è nato prima. Ho sempre voluto approfondire la cucina. Il rugby è stato successivo ma, come dicevo, comunque importante.

Gabriele, sei stato il “craque” della scorsa stagione tv con la tua trasmissione “Unti e
Bisunti”, in onda su DMAX. Hai avuto un grandissimo successo di ascolti e di critica, due aspetti spesso non facili da concordare. Come hai vissuto questo successo? Come ti ha cambiato, se ti senti cambiato?

“Ma de che. Sto in ciavatte e pigiama!”. Non sono cambiato affatto e chi mi conosce  
veramente lo sa.


Courtesy of DMAX


Quale credi sia stata la chiave del successo della trasmissione? Quando è legato alla
tua persona e quanto al format?

Le due cose. Il format e quindi il lavoro di tutto il team, dagli autori agli operatori, è
stato eccellente. Senza un simile lavoro non avremmo mai ottenuto questi risultati.
La trasmissione era cucita su di me. Il mio essere genuino, poi, è stato indubbiamente
importante, ma senza il contributo delle altre componenti non sarebbe sicuramente
stato sufficiente a determinare un successo del genere.

Ormai da anni c’è una sovraesposizione del tema cucina in tv. Dalla Clerici in poi, sono state centinaia le persone in grembiule nel piccolo schermo. Quanto secondo te, tutte queste trasmissioni hanno effettivamente trasmesso cultura culinaria?

Non guardo la tv, non ne sento l’esigenza, quindi non so dirti. Farla, però, mi piace. La televisione è’ sicuramente un mezzo che ha un potenziale  enorme e che credo andrebbe di certo sfruttato meglio per proporre qualità.

Hai girato il mondo. Al di là delle leggende metropolitane, la cucina italiana, secondo la tua opinione da addetto ai lavori, è la migliore al mondo?  

No. La cucina italiana è sbarazzina. Noi abbiamo estro ed ottima materia prima. Diciamo che siamo degli ottimi assemblatori. Per effetti terapeutici, per logica, grazia ed eleganza, io prediligo la cucina orientale. In primis la cinese, con la sua cultura millenaria, da cui poi derivano tutte le altre come quella koreana, Giapponese, etc.

Io personalmente ritengo che uno Chef si debba giudicare dai piatti che propone non dal suo personaggio. Tu cosa ne pensi? 

A me già fa sorridere il titolo. In realtà Chef vuol dire “capo”, quindi dietro questo titolo ci vuole ben altro. All’offerta di chi propone cucina deve essere abbinata per forza di cose l’umanità, altrimenti è difficile far arrivare il messaggio. Un piatto tecnicamente perfetto, ma sterile, non passa, non ha effetto. Io personalmente mi propongo di offrire la mia esperienza accumulata nei viaggi che ho fatto e nelle esperienze che ho avuto in cucina a contatto con altri Chef. Mi considero assolutamente in formazione, faccio questo mestiere da soli 8 anni. Avrò raggiunto il 10% della mia formazione. Forse tra qualche anno potrò dire che tipo di Chef sono. Più in generale, credo che sia buona qualità per uno Chef la condivisione delle esperienze senza gelosie verso i colleghi ed un’altra qualità importante è la curiosità.

Quanto è importante la creatività per uno Chef?

Non è indispensabile, credo che la visione della cucina come arte sia una forzatura del periodo storico che viviamo. L’occhio vuole la sua parte ma e l’essenza del piatto la vera arte.

Nelle 12 puntate della scorsa edizione di Unti e Bisunti, hai proposto soprattutto ricette “povere”, della tradizione popolare, ingredienti apparentemente meno nobili. Un caso dettato dalle situazioni o una strategia ben precisa?

Sono stato contattato dal gruppo di lavoro proprio perché mi ritenevano, per esperienze di vita e formazione, la persona giusta per descrivere lo street food. La proposta era una cucina “con lo zaino in spalla”, quindi le due cose; stretegia perché l’obiettivo era descrivere la cucina dello street food mentre la scelta dei piatti era dettata dalla situazione.

Il tuo piatto preferito?

Non saprei.  Non ne ho uno. Sono estremamente curioso di scoprirne altri. Sempre il prossimo.

Il piatto che ti ha dato maggiore soddisfazione?

Quello con cui ho superato l’esame finale alla mia scuola (ALMA di Gualtiero Marchesi, ndr) Ho preparato le Sarde sul Saor “espresso”, piatto della cultura ebraica, di estrazione veneziana. Un piatto complesso, soprattutto per i suoi equilibri tra il sapore rotondo del fritto e la nota acida. Considerando, poi, che, in sede di esame, il tempo era di 30 minuti, la complessità aumenta. Dietro un piatto c’è tanta preparazione, insomma. Non si improvvisa in cucina. Questo, sinora, è sicuramente quello che mi dato maggiore soddisfazione.

  
Quando e da cosa hai capito che il tuo futuro era dietro i fornelli?

Nel 2005, quando sono partito dall’Italia (direzione Nuova Zelanda) con l’obiettivo di fare lo chef oltre il giocatore di rugby.

Un personaggio, dell’attualità e della storia, per il quale vorresti o avresti voluto cucinare e perché?

Domanda difficile...fammi pensare. Passiamo oltre, poi ti dico...dopo aver riflettuto... ne ho 1000 di miti, soprattutto nel Rock, ma se devo sceglierne uni direi i Queen. 

Nota: a questo punto devo rivelare un bel siparietto. Avendo io chiesto un personaggio, alla sua riposta ho incalzato dicendo: “Ok. Quindi Freddy Mercury?” e la risposta di Gabriele è stata: “e no, tutti, e che gli altri componenti del gruppo non li famo magnà!

Il tuo rapporto con la politica?

Nullo. Non ho mai votato e mai voterò. Io provengo da un’estrazione classica, credo nel modello greco della polis, non attuabile al giorno d’oggi. Non mi sento rappresentato in alcun modo dalla classe dirigente attuale che  fa seguire pochi fatti alle tante parole. Credo si siano persi i valori della sobrietà e della serietà morale che devono essere i fondamenti della politica.

Il tuo rapporto con la religione?

Nullo anche quello per motivi simili: fatico ad individuare i veri valori della religione.

La tua squadra del cuore (di calcio), se ne hai una?

Non sono un tifoso di calcio sfegatato, mi piacciono tutti gli sport, ma nel calcio sono tifoso della Roma.


Il tuo chef preferito?

Alessandro Breda. Mi ha dato molto a livello formativo durante lo stage nel suo ristorante (Gellius, Oderzo – Treviso)

Un consiglio ai giovani che si avvicinano a questo mondo?

I giovani non devono limitarsi a guardare la tv, ma aprirsi a tutto tondo, spaziare su un panorama più ampio. Il consiglio che mi sento di dare però è un altro: non emulare nessuno, perché ognuno deve fare il proprio percorso, secondo la propria personalità ed emozioni. Non bisogna partire con lo scopo di arrivare ad essere come qualcun altro, perché siamo tutti diversi ed ognuno di noi ha un percorso differente. Altrimenti si rischia di fallire e di avere delle sofferenze da ciò. Bisogna trovare felicità e serenità in quello che si fa, ed è proprio per questo che non si deve partire per fare come un altro. Certo si possono avere dei modelli, da cui prendere spunto, è normale ed è sano, ma se poi questo sfocia nella voglia di diventare come altri non va più bene.  

La tua compagna di vita che caratteristiche deve avere?

Deve essere comprensiva, accettarmi per quello che sono senza imporre la propria personalità. Credo che il rispetto e la condivisione siano alla base della soluzione dei problemi. Inoltre, è necessario sia indipendente, com degli obiettivi da raggiungere. Una persona viva e stimolante.

Cosa ti colpisce in una persona?

Il carisma, evinto soprattutto da piccoli gesti, dai silenzi. Mi colpisce il saper stare al mondo, in ogni sua declinazione.

Tra 10 anni come ti vedi?

Non lo so, oggi sono felice. Di certo mi vedo in continua crescita. Spero di poter tornare al più presto a girare il mondo, zaino in spalla, per vedere, conoscere, che, poi, è alla base della crescita come uomo.

Tra qualche giorno è Natale. Nella tua memoria, quale piatto leghi maggiormente a
questa festività?

Zuppa di broccoli ed arzilla di nonna. Piatto tipicamente romano. Appagante e dal
sapore inconfondibile.

In bocca al lupo per la tua nuova trasmissione ed a presto Gabriele

Crepi. Ciao. 


Courtesy of DMAX



2 commenti:

  1. E' venuta proprio bene, come mi immaginavo! Non avevo dubbi! :D Grazie carissimo per questa intervista divertente e interessante! Un abbraccione e buon pomeriggio! :))

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Ely...ma il merito è stato gran parte di Gabriele...è un gran personaggio e credo, a sensazione, che sia anche una grand persona...quando lo conoscerò meglio te lo saprò dire...

      Elimina

e tu...che ne pensi? Dimmi dimmi...