domenica 8 dicembre 2013

Ius soli: una mancanza che la dice lunga...

Ormai il mondo è quasi completamente globalizzato. Basta guardarsi intorno ed è facile intuire come le distinzioni culturali, religiose, politiche non hanno più molto senso o quantomeno risultano essere di gran lunga più sfumate di quanto non lo fossero pochi anni fa. Siamo tutti cittadini di un unico mondo. Di fatto.

La globalizzazione in alcuni contesti, come quello economico, è ormai diventata la norma; basti vedere il settore del commercio. Per acquistare qualsiasi prodotto, è sufficiente sedersi ad una scrivania, davanti ad un pc, e si ha accesso al mondo senza distinzione di lingua, moneta. E'possibile saltare l'intera filiera. Dal produttore al consumantore in un click. Quasi magia. Dogane, società di distribuzione, meridiani e paralleli, in questo caso, sono concetti racchiusi nei libri di geografia ed economia degli anni passati.

In contrapposizione a questo, però, ce ne sono altri di settori e contesti, in cui invece i compartimenti stagni la fanno, ancora, purtroppo, da padrone. E' notorio, infatti, che la politica ha tempi diversi dall'evoluzione del mondo. In Italia, poi, ingolfati come siamo in una macchina burocratica impressionante, che necessita di tempi biblici, questa infinita rincorsa del tessuto normativo alle esigenze della realtà, è sempre in affanno. Ci troviamo spesso e volentieri ad avere a che fare con leggi che descrivono un Paese che non viviamo, o meglio che non viviamo più.

Sarebbe necessario che i nostri "rappresentanti", la classe dirigente, invece di pensare a che nome dare alle tasse, all'unico fine di confondere le idee ai contribuenti, si impegnino a capire che fuori dai palazzi il mondo cambia ed il loro primo dovere è quello di facilitare, con norme e leggi adeguate, la vita dei cittadini nel mondo che vivono, non in quello che fu.

Emblema ne è la norma che regola la cittadinanza. Si parla, ormai da mesi, della contrapposizione tra lo ius sanguis (attualmente in essere) e lo ius solis. Direttamente dal sito del Ministero dell'Interno, si legge quando segue:

"Lo "ius soli" fa riferimento alla nascita sul "suolo", sul territorio dello Stato e si contrappone, nel novero dei mezzi di acquisto del diritto di cittadinanza, allo "ius sanguinis", imperniato invece sull'elemento della discendenza o della filiazione. Per i paesi che applicano lo ius soli è cittadino originario chi nasce sul territorio dello Stato, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori.


La legge 91 del 1992 indica il principio dello ius sanguinis come unico mezzo di acquisto della cittadinanza a seguito della nascita, mentre l'acquisto automatico della cittadinanza iure soli continua a rimanere limitato ai figli di ignoti, di apolidi, o ai figli che non seguono la cittadinanza dei genitori.


Altri modi per acquistare la cittadinanza sono la "iure communicatio", ossia la trasmissione all´interno della famiglia da un componente all´altro (matrimonio, riconoscimento o dichiarazione giudiziale di filiazione, adozione), il "beneficio di legge", allorché, in presenza di determinati presupposti, la concessione avvenga in modo automatico, senza necessità di specifica richiesta, e, infine, la "naturalizzazione". Questa comporta non una concessione automatica del nuovo status ma una valutazione discrezionale da parte degli organi e degli uffici statali competenti."


Tralasciando l'ultimo paragrafo, questo vuol dire che i figli di stranieri, che vivono e lavorano regolarmente in Italia da diversi anni, ma meno di 10, e che quindi è presumibile pensare siano ormai completamente integrati sotto tutti i profili, che frequentano le scuole pubbliche e dividono il banco con bambini italiani, sotto il profilo giuridico non sono considerati sullo stesso piano. 
Il vero ostacolo, però, oltre a questa disparità, definiamola "nominale", è tutto quello che deriva dalla cittadinanza l'ostacolo maggiore. Un esempio su tutti i diritto politici. Ma vi sembra una cosa logica che italiani residenti all'estero da decenni votano nelle ambasciate ed esprimono preferenze su cose che, di fatto, non vivono da anni e chi invece, completamente inserito nel nostro contesto sociale ed economico, non ha diritto ad esprimere civilmente e democraticamente il loro punto di vista?
Personalmente lo ritengo una stortura allucinante sotto tutto i punti di vista. Non ultimo l'aspetto morale. Ma come, proprio Noi, l'Italia, che all'interno del suo territorio accoglie lo Stato Vaticano, fulcro dello spirito cristiano, dopo aver, GIUSTAMENTE, accolto ed integrato, di fatto, persone che hanno desiderio o, molto più spesso, purtroppo, necessità di trascorrere la loro vita in Italia, creiamo loro tutte difficoltà burocratica, barriere legislative, figlie di società passate e strapassate.
Per non parlare, poi, del fatto che, se non fosse per la popolazione "straniera" in Italia, tutti gli indici demografici sarebbero ancora più negativi di quello che sono, basti leggere questo approfondimento Istat, pubblicato da Quotidiano sanità
Non ultimo il fatto, magari non dimostrabile, che una legislazione diversa, permettendo l'integrazione di persone civili e volenterose, permetterebbe di facilitare anche l'individuazione di chi, di contro, imperversa sul nostro territorio, solo per fini illegali. Vi sembra poco, anche solo sotto un profilo di costo sociale? Altre che la Bossi-Fini. Basta un minimo di buon senso, spesso, per trovare la soluzione che soddisfi tutte le esigenze.
In questo dossier de "Il sole 24 ore", del 2011, si fa un punto della situazione del meccanismo cittadinanza oltre confine. In Europa, molti Paesi adottano il nostro stesso principio; fa eccezione la Francia che, per quanto, visto le molteplici rivalità, ci costi ammetterlo, sotto il profilo della civiltà, stanno un passo avanti. Un bel passo...da giganti! 
A livello mondiale, invece, questo studio statunitense del 2010, dichiara che ad applicare lo ius soli sono 30 stati su 194, di cui, tra i Paesi industrializzati, sol USA e Canada.
Numeri, questi, che dimostrano quanto oltre a riempirci la bocca e definirci un Paese civile, bisognerebbe, poi, renderlo effettivamente tale, grazie ad un insieme di norme che sia al passo dei tempi e soprattutto della realtà.

Luca Clemente

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