lunedì 1 dicembre 2014

La domenica piemontese in tavola...pasta ripiena con ricotta e rucola

La pasta fresca è un'altra delle mie passioni culinarie. Mi rilassa non poco. Lunga o ripiena non fa differenza; la prossima frontiera sarà quella corta, anche se è più che altro curiosità. Domenica scorsa avevamo ospiti ed abbiamo indetto la domenica del "Piemonte in tavola...": brasato al barolo e pasta ripiena. Si, ma, disceee (citazione Pieresca), perchè mai la pasta ripiena dovrebbe essere una specialità piemontese?! L'impasto. Avete mai sentito parlare di impasto dei 33 tuorli (per kg di farina ovviamente)? Si, si, non è un errore...ci vogliono 33 tuorli per kilo di farina. Un'enormità, penserete. Beh...ve la pongo in altro modo. La regola delle nostre nonne recitava: 1 uovo per 100 g di farina (con tutte le semplificazioni del caso). Il che, tradotto in numeri, vuol dire una rapporto tra polveri e liquidi di quasi il 50%, considerando che un uovo medio pesa 50 g. Ora, di questi 50 g, il tuorlo ne pesa circa 20 e l'albume 30. L'albume dona elasticità, mentre il tuorlo, essendo la parte grassa, struttura e gusto. Quindi, utilizzare solo tuorli vuol dire "idratare" le polveri al 20% (per uovo). Questo comporta che per arrivare ad un incidenza del 50% dobbiamo usare circa 2,5 tuorli al posto del nostro classico uovo. Da cui deriva che la vecchia equivalenza: 1kilo farina x 10 uova diventa 1 kilo farina 25 tuorli. Parlando di idratazione stiamo intorno al 50%. Questo impasto piemontese, invece, va oltre, sino ad arrivare al 66% A livello operativo, dimenticate la fontana...non è gestibile manualmente. Ci vuole impastatrice, visto la durezza dell'impasto. Ovviamente è adatta solo a formati corti o ripieni, altrimenti  il rischio di rottura diventerebbe quasi una certezza. Altrettanto importante è il riposo. Dopo l'azione meccanica, il glutine deve riposare. Pellicola e frigo per un paio d'ore. Questo il nostro impiego...cappellacci con ricotta e rucola al pomodoro fresco...la semplicità spesso è la risposta giusta!





























Ingredienti per 4 persone (16 cappellacci):

per la pasta:

  1. 300 g di farina 00 bio molata a pietra;
  2. 8 tuorli;
  3. acqua qb;
per la farcia:
  1. 250 g di ricotta vaccina;
  2. 100 g rucola;
  3. 50 g parmigiano 30 mesi;
  4. noce moscata qb;
  5. pepe qb
Per la salsa di pomodoro;
  1. 500 g pomodori piccadilly;
  2. 4 cucchiai di olio evo;
  3. sale qb
Per la pasta, solita procedura. Poi, come vi dicevo, riposo, riposo ed ancora riposo. E' fondamentale per la riuscita...ecco i passi principali della ricetta. Guardate com'è giallo l'impasto.























Mentre impasto riposa, pensate alla farcia ed al condimento. Parola d'ordine: parallelo. Iniziate con la salsa. Fate una croce sulla cima dei pomodori e fateli scottare in acqua bollente e salata per un minuto circa, quindi scolateli, pelateli e cuoceteli a fuoco lento con olio e sale. Aspettate che si disfino.

Mentre il sugo borbotta, pensate alla farcia: setacciate la ricotta ed unite la rucola, lavata e tritata, la noce, sale, pepe e parmigiano. Non a caso abbiamo optato per quello 30 mesi. Essendo molto stagionato è asciutto ed assorbe l'umidità della ricotta. Ciò ci permetterà di evitare l'impiego di un ulteriore uovo (intero stavolta) anche nella farcia. Una volta mixato tutto, lasciate insaporire e seguite il pomodoro.

A cottura terminata, passatela nel passaverdure per eliminare pelli e semi e renderla liscia ed omogenea.

Non vi resta che riprendere impasto in frigo e procedere alla realizzazione dei vostri cappellacci.

Una volta pronti, lessateli, saltateli nella salsa ed il gioco è fatto. Impiattate e via...






























Abbinamento Vino (Lucio Lenci di Seidivino):







Come vino da abbinare a questa piatto il Fiano Minutolo prodotto dalla cantina Polvanera di Gioia del Colle (BA) , anno 2013.

Note organolettiche del vino: 

Colore giallo paglierino, con riflessi verdolini. Profumi intensi e fini di bergamotto, banana, pescanoce, camomilla e biancospino, su sfondo muschiato.

In bocca delicatamente aromatico e di bello spessore, percorso da gustosa vena fresco-sapida, finale persistente, da servire a 10-12°C.


Buon Appetito

lunedì 24 novembre 2014

In cucina con...Paolo Dalicandro: personal chef

La società civile, gli usi ed i costumi, le scienze e le tecniche, sono in continua evoluzione. Di conseguenza cambiano le professioni ed i mestieri. Se negli anni '80, ogni genitore per il proprio figlio sognava il posto in banca, oggi non è più così. Anche i bambini che hanno sempre visto, banalizzando, calciatori e ballerine come la massima aspirazione di vita, oggi hanno aperto i loro orizzonti. Merito, ovviamente, anche della comunicazione, che, da qualche anno a questa parte, ha "sdoganato" una serie di professioni che, sebbene fossero sempre state "alte", restavano comunque nell'oblio del tubo catodico. Il settore Food non fa eccezione e, sempre più spesso, si sente parlare di personal chef. Per scoprire cosa si nasconde dietro l'ennesimo inglesismo che contamina la nostra lingua, ne ho voluto incontrare uno: Chef Paolo Dalicandro.



Nome: Paolo
Cognome: Dalicandro
Luogo e data di Nascita: Roma, 04/05/1975
Professione: Chef a domicilio

Ciao Paolo, come nasce la passione per la cucina?

Ciao a tutti, nasce per caso il mestiere ma forse a posteriore posso dire che la passione c'era. Quando tornavo da scuola alle elementari, andavo a casa di mia nonna e rimanevo, incantato, a guardarla cucinare con la sua padella di ferro dove cucinava tutto...poi la mia vita ha preso un'altra piega, quella del tecnico industriale e delle telecomunicazioni Non è stato il classico sogno nel cassetto il mio. Era la fine dell'estate del 1995, quando, pattinando con un mio amico, riflettevamo sul fatto che da lì a pochi giorni, dovevamo tornare ai rispettivi impegni: i libri di ingegneria per me e la cucina del ristorante, per lui. Così, quasi per gioco, gli dissi, se gli occorreva una mano. Non so cosa mi spinse, (o forse si, la padella di mia nonna) a dire quelle parole. Fu quello l'inizio.


Questo l'inizio. Com'è proseguito il tuo rapporto con la cucina? 

Con un corso professionale, nella scuola dove attualmente insegno: "A tavola con lo chef", qui a Roma. Da lì i primi contatti e le cucine sono diventate il mio mondo. La mia carriera si può dividere in due decenni.

Parlaci del primo...

Ok. Siamo a metà degli anni '90. Dopo aver terminato la scuola, ho mosso i primi passi nelle cucine professionali, di cui tra le più significative, in Spagna, con lo chef Ferran Adrià, nel ristorante El Bulli, seguito da una serie di presenza nelle cucine della Capitale (Roscioli, F.I.S.H., Del Frate, Gusto...). In questi anni, ho confermato l'istinto iniziale che quello fosse il mio mondo. Imparavo e formavo il mio pensiero gastronomico. Alla fine di questo primo decennio, nei primi anni 2000, ho iniziato a pensare che il mio percorso dovesse svilupparsi in un altro senso.  L'idea nacque quando, ancora da Roscioli, ricevevo diverse richieste per cucinare, nel mio giorno di riposo, presso dei privati. Provai e vidi che, oltre a funzionare, c'era un grosso mercato in cui investire. E qui passiamo nel secondo decennio...

Imprenditore di te stesso, quindi...

Senza dubbio. Nel mondo della cucina professionale, come, più o meno in tutti gli altri contesti, se non hai pro attività e propensione al rischio fai poca strada. Io mi lanciai, ero un 30 enne e mi dissi: "mi do 3 anni per fare di questa passione una professione che mi permetta di vivere, altrimenti sono in tempo a virare su altro". Ora sono quasi alla fine del secondo decennio e se mi guardo indietro non posso che essere soddisfatto del percorso che ho fatto. Sono Executive Chef del Catering Magnolia Eventi ed insegno nella scuola che mi ha formato. Posso dirmi soddisfatto, per il momento...

Ok. Hai quasi 40 anni, di cui la meta' trascorsa in questo mondo. Proseguendo a sviluppare la tua carriera, cosa pensi di fare da qui al 2025?

Ti posso solo dire che la mia idea è di cambiare ogni dieci anni... quando lo saprò io, lo scopriranno anche gli altri.

Non ti vedi in un tuo ristorante, in cui proponi la tua cucina?

No, non adesso. Mi piace ideare, creare anche linee di cucina ma il gusto di questa attività assolutamente autonoma, piena di input diversi è più stimolante per me.

Spostiamo l'obiettivo sulla cucina e sul settore. Cosa ti senti di consigliare ai giovani che si vedono in questo contesto?

Di studiare. Banale vero? Ma ripeto di studiare, e non solo di cucina, di mettersi subito alla prova per saggiare la propria capacità di resistenza sopratutto al caldo e ai tempi del servizio. E una scuola è fondamentale.
Poi si può scegliere: cuoco, chef, personal chef...

Quali sono le tre cose più importanti per un cuoco?

Cultura, curiosità e umiltà

Cosa un aspirante cuoco non può non avere, in termini di caratteristiche personali?

Il gusto, si deve sviluppare e coltivare.

Quanto è importante la formazione e quanto l'esperienza diretta in cucina?

Sono entrambe fondamentali e complementari, ci sono poi ottimi chef anche stellati che vengono da percorsi non “scolastici”, ma l'eccezione non è la norma.

E' vero che la cucina italiana è la più importante al mondo? Perchè?

Trovo che oggi tutte le cucine siano importanti, perchè offrono spunti e sapori.
È bene spostare lo sguardo e godere dell'ampiezza delle possibilità che il mondo ci offre: varietà e incontro.

Secondo te, quali sono gli aspetti più importanti della tua professione, in termini strettamente tecnici, ma anche manageriali?

Organizzazione e improvvisazione per la parte manageriale, mai dare nulla per scontato, analizzare e raccogliere informazioni ma essere pronti ai mutamenti improvvisi.
Rispetto alla parte tecnica, strettamente legata alla cucina, mantenersi in costante aggiornamento, conoscere moto bene le ricette che si vanno a proporre. E saper montare la panna anche senza fruste elettriche, potresti non trovarle nella casa dove vai.

Il settore food è molto sovraesposto mediaticamente e per questo crea attrazione. Durerà ancora molto questa fase secondo te? Cosa potrebbe succedere in seguito?

Secondo me l'apice dell'attenzione è stato raggiunto e superato, la frenata è iniziata. Ma visto che il settore va ad altissima velocità sarà lunga...
non so dirti cosa possa accadere, i fattori da mettere insieme sono molti... sicuramente chi ha una capacità di adattamento al settore può mutare con lui e individuare nuovi scenari da sviluppare.



Grazie ed in bocca al lupo. A risentirci 

martedì 18 novembre 2014

Focaccia Pugliese con licoli...prove e riflessioni...

Sono un tipo analitico...anche troppo...per fortuna, ma per certi versi, purtroppo, NON STACCO MAI IL CERVELLO...in cucina le cose non cambiano. Quando mi pongo un obiettivo, lo perseguo fino alla fine, faccio diverse prove, e di ingredienti e di metodo, sino a trovare il mio optimum, passando da qualche fallimento. Ma anche negli errori, c'è sempre qualcosa di positivo, da cui imparare e ripartire. Sempre! Oggi, a questo proposito, parlo della focaccia pugliese. In passato, ne avevo proposto una versione con il LM solido; stavolta, invece, l'ho preparato con il licoli, gentilmente dato da Zio Piero, che proprio in tutte le prove che mi hanno portato sino a qui mi è stato ad ascoltare e consigliare. Ho provato un diverso mix di farine, la presenza o meno della patata lessa, e soprattutto il metodo indiretto, anzi i metodi: la biga ed il poolish. Conclusione: la focaccia pugliese va fatta con la semola rimacinata; se proprio volete "tagliarla", mischiatela, in una percentuale non superiore al 20% a Manitoba. Io ho provato anche la Senatore Cappelli, ma perde in sofficità e non va bene. Metodi: il diretto è una certezza. Se avete poco tempo o voglia, è quello che fa per voi. Quanto agli indiretti: la biga non è appropriata, a me non è cresciuta. Il poolish è ok, e volendo, potete fare come me: appena vedete che raddoppia, fate un impasto destinato al riposo autolitico e poi uniteli. In conclusione, oggi propongo la focaccia pugliese (una delle tante versioni, la mia si avvicina di più a quella di Altamura) con licoli ed impasto indiretto (poolish) con riposo autolitico.




























Ingredienti:

Poolish:
  1. 100 g manitoba
  2. 100 g di acqua
  3. 70 g licoli rinfrescato (al max entro le 24 h precedenti);
  4. un pizzico di zucchero
Trascorse 8 ore o al raddoppio del poolish

Impasto Autolitico:
  1. 260 g farina semola rimacinata
  2. 130 g acqua
Dopo altre 4 ore

Impasto Finale:
  1. Poolish;
  2. Impasto Autolitico;
  3. 80 g patate lesse;
  4. 50 g acqua;
  5. 20 g sale;
  6. 40 g di olio
Condimento:
  1. pomodorini ciliegini doc;
  2. olive bionde di puglia doc
  3. olio evo di Conversano (BA) 
  4. origano
Ecco la genesi di ogni mia ricetta:



Poolish

Mettete nella ciotola dell'impastatore gli ingredienti e, con la frusta per la panna, mixate per 10 minuti, arrivando quasi ad incordature. Coprite con pellicola per alimenti, bucatela con uno stuzzicandenti e via...riposo per 12 ore.

Impasto Autolitico

Con un cucchiaio di legno, mischiate acqua e farina. Non preoccupatevi di creare un impasto fine, può essere anche grossolano. Lo scopo è far idratare la farina.

Impasto Finale

Unite i due impasti precedenti con gli altri ingredienti, ad eccezione dell'olio ed impastate, con gancio K, sino ad arrivare ad incordatura. A questo punto, cambiate il gancio, con quello ad uncino e continuate ad impastare, versando olio a filo. Non appena impasto avrà assorbito olio, avete finito.

I grassi si aggiungono sempre alla fine per evitare di stracciare gli impasti

Versate il vostro impasto direttamente nella teglia, ben oliata, e fate raddoppiare di volume.

A raddoppio avvenuto, incastonate le vostre olive, previamente denocciolate ed i pomodorini sulla superficie della focaccia e mettete in forno, con la luce accesa. Si svilupperà una temperatura di circa 28-30°, che è ideale per lievitazione.

Trascorsa un'ulteriore ora, noterete che la pasta è cresciuta e che pomodori ed olive, sono "incastrate" nell'impasta. Non vi resta che spennellare con olio evo e cospargere con origano.

Cottura

Per i prim 15 minuti, 250° statico sulla base del forno; poi spostate a metà, abbassando a 200-220° sino a cottura (circa 20-25 minuti).

Una volta sfornata, la genialata di Zio Piero: avvolgete la teglia con un canovaccio umido. La camera di umidità che si creerà, molto delicata, farà ammorbidire la superficie, rendendo ancora più soffice questa nuvola di impasto.

Fate raffreddare e servite.




























Lo schema dei tempi:



























Per quanto concerne il vino da abbinare...lascio la parolo al ns. amico esperto Lucio Lenci di Seidivino




Vino: Partiamo dal principio che amo sempre abbinare il cibo con vini provenienti dalla stessa area geografica, quindi  in questo specifico caso la Puglia.

Visto gli ingredienti del preparato dobbiamo rivolgerci un vino rosso, con buona struttura, possibilmente giovane e con  tannini non troppo aggressivi ma gradevoli. Se non si è ancora capito sto parlando di un Primitivo del Salento, in particolare un tipo prodotto dalla famosa cantina Due Palme di Cellino San Marco (BR). 


Caratteristiche Organolettiche: Colore rosso intenso con riflessi porpora, all’olfatto armonico con chiari note di ciliegia e frutti di bosco, gusto pieno e gradevole con leggera presenza tannica vellutata, mai invadente. Buona anche la componente alcolica e non troppo eccessiva (13 %vol.). Ha tutte le carte in regola per poterlo abbinare alla tua focaccia: profumato, buon apporto calorico, componente tannica equilibrata e una buona persistenza aromatica che lascia per lungo tempo il piacevole ricordo del vino che stiamo bevendo.


p.s.: si ringrazia SeidiVino per la fornitura di olio e vino.

lunedì 27 ottobre 2014

In Cucina con...Lucio Lenci de "SeiDiVino"

Amo particolarmente gli aforismi perché spesso in essi si trova la sintesi perfetta di un concetto. In questo momento, in cui il Nostro Paese vive un periodo complicato, soprattutto a livello economico e sociale, ne ho due stampate bene in mente. La  prima di Einstein sostiene che "...Non pretendiamo che le cose cambino, se facciamo sempre la stessa cosa. La crisi è la migliore benedizione che può arrivare a persone e Paesi, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dalle difficoltà nello stesso modo che il giorno nasce dalla notte oscura. E’ dalla crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i propri insuccessi e disagi, inibisce il proprio talento e ha più rispetto dei problemi che delle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. La convenienza delle persone e dei Paesi è di trovare soluzioni e vie d’uscita. Senza crisi non ci sono sfide, e senza sfida la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. E’ dalla crisi che affiora il meglio di ciascuno, poiché senza crisi ogni vento è una carezza. Parlare della crisi significa promuoverla e non nominarla vuol dire esaltare il conformismo. Invece di ciò dobbiamo lavorare duro. Terminiamo definitivamente con l’ unica crisi che ci minaccia, cioè la tragedia di non voler lottare per superarla” (1955). La seconda, di Charles Darwin, invece, sostiene: "Non e’ la specie piu’ intelligente a sopravvivere e nemmeno quella piu’ forte. E’ quella piu’ predisposta ai cambiamenti". Proattività e predisposizione al cambiamento quindi. Sono queste le due caratteristiche più importanti per "cavalcare" la famosa onda della crisi. Ed io aggiungerei, per la mia esperienza professionale, anche il coraggio. Chi per primo, durante un periodo di crisi, ha il coraggio di rimettersi in gioco, è probabile che riesca ad accumulare un vantaggio competitivi sugli altri player di mercato, tale da diventare la best practice del proprio segmento di mercato. Tutte queste caratteristiche le ho ritrovate nell'ospite di oggi, Lucio Lenci, quando, lo scorso 11 Ottobre sono stato all'inaugurazione della sua nuova attività: SEIDIVINO, enoteca che si trova a Roma, zona Anagnina (Via Riccardo Billi)




L'idea è di conciliare la qualità del prodotto, il vino, con l'innovazione del packaging, il bag in box. Per sapere di più di lui e della sua nuova attività, abbiamo incontrato Lucio...



Lucio Lenci - l'anima passionale di Seidivino

Ciao Lucio. Dicci di te… chi è Lucio Lenci?

58 anni, sposato, nato in un paese (Mondolfo) in provincia di Pesaro da famiglia contadina che negli anni sessanta è stata costretta ad emigrare (ci tengo ad usare questo termine, perché oggi gli italiani hanno dimenticato che molte  persone della mia età sono figli di emigranti) nella grande città per cercare di migliorare lo stato sociale, e soprattutto dare a noi figli la possibilità di studiare e creare le basi per un migliore futuro.

Qual è il tuo background?

Nella vita, sia come indirizzo scolastico che nel lavoro, ho sempre ricoperto ruoli prettamente tecnici con specializzazione nel campo dell’elettrotecnica.

Come nasce la passione per il vino?

In verità non credo  ci sia stata una ragione ed un momento preciso nella vita  che abbia fatto nascere la passione per il vino ed a tutta la filiera...dalla vite alla tavola, passando dalle tecniche di viticultura fino alle tecniche di degustazione. E’ un mondo meraviglioso!

Dalla passione al business. La scintilla è stata?

Un periodo di crisi lavorativa. E' come se si fosse creato un nuovo spazio per dare sfogo ad una passione che mi porto dentro da sempre. Ho fatto il corso da Sommelier all’AIS, ho partecipato a diverse degustazioni, ho visitato molte cantine ma sempre per soddisfazione personale, adesso ho voglia di trasmettere queste esperienze.

Come hai pensato alla formula del successo della tua attività?

Approccio Mass Market. Volevo che "io e tanti io" avessero la possibilità di bere del vino di qualità nel quotidiano senza spendere cifre importanti. Per fare questo, non volendo agire sul vino, è stato necessario agire sul packaging, con la scelta del Bag in box. A livello, organizzativo, invece, io sono il "tecnico", essendo, come ti dicevo, appassionato da sempre, mentre il mio socio, Federico, è l'anima commerciale del nostro business. Io sono quello che vi aspetta qui per spiegarvi, farvi assaggiare e consigliarvi il vino, Federico è quello che lo porta sulle tavole dei clienti corporate quali ristoranti, pizzerie, etc.

Bag in Box dunque. Dicci di questa tecnologia …

Il bag in box è un tipo di imballaggio monouso composto da una sacca (bag) realizzata in layer di polietilene per alimenti, un rubinetto, chiamato VITOP, che ha la particolarità di far uscire il contenuto della sacca senza far entrare l’aria e una scatola di cartone (box) che serve per semplificarne lo stoccaggio e trasporto. Spiegato questo bisogna dire che l’operazione più delicata la compie una speciale macchina (riempitrice) che estrae l’aria dalla sacca, la riempe di vino e inserisce il rubinetto a tenuta. Il tutto sempre impedendo che l’ossigeno venga a contatto con il vino. Si ottiene, così, che del buon vino, prerequisito essenziale, all’interno del bag in box mantenga tutte le caratteristiche chimiche ed organolettiche per diversi mesi senza alterazioni. 

Bag in box
L’Italia è culturalmente pronta a pensare al vino di qualità non in bottiglia?

La questione non è se l’Italia sia culturalmente pronta, ma che è fortemente in ritardo rispetto agli altri paesi del nord Europa, Cina, America, Australia, ecc.
Purtroppo oltre alla difficoltà che abbiamo di assimilare ed accettare le novità,  dobbiamo  ringraziare un paio di famosi marchi da “supermercato” di vino in bag in box di basso livello qualitativo  che ha inculcato nella testa della gente l’equazione – vino in scatola = vino di bassa qualità. Basterebbe farsi un giro con internet per vedere come è stato accettato da tempo il vino in bag in box, figuriamoci ci sono molte cantine (comprese quelle che servono anche noi) che esportano vino con questa confezione da anni! Per dirla tutta anche nella repubblica Ceca! Noi sempre ultimi, ma arriveremo.
Andate a vedere se quella famosa casa di vino (ripeto che imbottiglia vino) offre vini di pregio o solo vino da tavola. Poi se vuoi ti spiego cos’è il vino da tavola.








Selezione delle cantine. Quali criteri?

Questa è la cosa più importante del prodotto che offriamo ai nostri clienti. Il buon vino. Come ti dicevo, il Bag in Box, aiuta la conservazione, ma se il vino che inserisci non è buono, non lo migliori con il packaging. Detto ciò, la scelta è stata fatta prima ricercando aziende agricole che già confezionano il vino anche in bag in box, poi andando a trovarli, che è stato l'investimento, in termini di tempo e distanze, più probante della nostra impresa. In ogni azienda ci siamo soffermati a parlare con i proprietari, a visitare le cantine controllare se realmente avessero vigneti di loro proprietà, se la capacità di produzione uva/vino era coerente e in ultimo ci siamo messi seduti per la prova della degustazione pratica. Devo dire che alcune aziende hanno soddisfatto le mie aspettative e solo con quelle abbiamo stretto rapporti commerciali, senza intermediari o rappresentanti. Criteri di scelta del vino:
  1. entry level vino: IGP. E' da questo livello, infatti, che il vino e la sua produzione, deve rispettare dei precisi vincoli inseriti in un disciplinare;
  2. le etichette che trovate qui da noi, non si limitano ad imbottigliare vino prodotto da terzi, ma curano tutto il processo sino alla vendita;
  3. selezionare, anche all'interno della stessa etichetta, solo alcuni vini, che ho ritenuto migliore di altri.
Lucio e Federico in trasferta per tutti noi

Parliamo di Marketing. Kotler ci insegna che il mix si snoda intorno alle famose 4 P: pricing (prezzo), product (prodotto), packaging (confezione), place (punto vendita). Se dovessi distribuire dei pesi su queste leve, come li distribuiresti per "SeiDiVino"?

Io li metterei con questa seguenza: Prodotto(50%) – Prezzo (30%) – Confezione (10%) – Punto vendita (10%). Nel prodotto, però, oltre al vino, includerei anche il servizio di "consulenza" che il cliente trova da noi.








Sei “on air” da quasi un mese. Com’è stato l’inizio? Quando prevedi il Break Even della tua attività?

Devo ammettere che bisogna lavorare molto per vincere quella diffidenza di cui parlavo prima ma poi le persone apprendono e capiscono la differenza. La mossa vincente? La serietà e professionalità. Noi i vini li facciamo assaggiare e li commentiamo, aiutiamo il cliente a trovare un tipo di vino più adatto a lui ed alle sue esigenze. Se serve gli diamo qualche consiglio per imparare a bere, sembra una frase strana ma molte persone non sanno bere e vanno educate. Per quanto riguarda il “Break Even”, credo che cominceremo a vederlo verso giugno/luglio del 2015, non è una sorpresa, sta nei programmi fatti all’inizio.

Ci anticipi qualche iniziativa che pensi di fare prossimamente?

Sicuramente ampliare la gamma dei vini stando attento alla tendenza delle richieste della clientela. Poi creeremo eventi di degustazione e, con chi avrà fiducia in noi, tanto da fidelizzarsi, creeremo un canale comunicativo in cui proporremo continuamente occasioni commerciali. Nel futuro vedo anche una diversificazione dei prodotti sempre di ottima qualità e non reperibili nelle normali catene di distribuzione, abbiamo già iniziato proponendo un olio extravergine d’oliva in bag in box e olii aromatizzati da usare per condimenti, poi arriverà altro che non voglio anticipare, saranno tutte sorprese.



SeidiVino - Via Riccardo Billi 2-4, Roma


Quali sono le vision e la mission della tua impresa?

Vision: diffusione a tappeto del Bag in box.
Mission: vino di qualità a prezzo contenuto.

Lasciamo un attimo da parte l’imprenditore Lenci ed indossa, ora, il cappello di Lucio uomo.. che persona sei?

E’ difficile valutarsi da solo, credo di essere il risultato di un’educazione ed uno stile di vita che i miei genitori mi hanno trasmesso: serietà, onestà, correttezza e guardare sempre chi sta indietro, non chi sta avanti. E’ stupido ignorare chi sta nella situazione peggiore della tua e penso che si debba sempre aiutare.

Non posso non chiedertelo… che vino preferisci?

Non uno in particolare, dei bianchi preferisco vini fruttati con profumi di frutta bianca e buona acidità. Per quanto riguarda i rossi vini giovani con scarsa presenza di tannini e morbidi, mi piaccono molto quelli che ricordano profumi di ciliegia o frutti di bosco.

Se fossi un vino saresti? Perché?

Forse uno Chardonnay, perché ha un profumo fragrante con piacevoli sentori di fruttato tipo ananas, banana; un bouquet che piace a tutti.

Quanto è importante abbinare il giusto vino alle pietanze?

Fondamentale, spesso è ignorato l’abbinamento cibo-vino che serve per creare  l’armonia dei gusti olfattivi e gustativi di ambedue, da la giusta rilevanza al cibo, diversamente è come suonare un pianoforte scordato, sarà pure bello e costoso ma ti fa sentire male ad ascoltarlo.

Il tuo piatto preferito?

Amo i primi piatti, quasi tutti. Spesso mi sento pienamente soddisfatto anche con condimenti semplici.

Come te la cavi ai fornelli?

Non è la mia passione, mi limito a preparare solo piatti semplici con cose genuine e come detto prima in particolare primi piatti.

In chiusura un consiglio per i nostri lettori… quali sono le linee guida da seguire nella scelta di un vino e da cosa invece bisogna diffidare?

Un consiglio semplice è quello di avvicinarsi al mondo del vino con massima modestia e non con la presunzione di essere esperti di tutto, magari chiedere qualche consiglio, trasmettere i propri gusti in modo che chi è più esperto di te possa aiutarti. Convincersi che, come dico spesso, è possibile bere un buon bicchiere di vino anche senza spendere troppo!


Da cosa bisogna diffidare? Le cose sono tante, il prezzo troppo basso, i saputoni, i vini “casarecci”, da chi ti vende il vino senza neanche farlo assaggiare, dalle offerte favolose spesso proposte nei supermercati, ecc. Una bottiglia di vino di discreta qualità non può costare meno di 4-5 euro. Soprattutto quando non si ha le idee chiare chiedere, chiedere, senza paura di passare per ignoranti, non possiamo essere esperti su tutto!

Cosa rispondi a chi vive il vino come un rito: stappare, decantare, gustare.

Sono due contesti diversi. Loro non sono il target group di riferimento. Intendiamoci, se vado ad una cena non da amici, porto la bottiglia, proprio per la sacralità ed il rito. Il fine di Sei di Vino è quello di far bere ad una grande platea del vino di qualità ad un prezzo alla portata da tutti.

Ciao ed in bocca al lupo Lucio.


lunedì 20 ottobre 2014

Crostata con ganache al cioccolato e frutti di bosco

Chi mi "legge" sa che io sono per il salato forever. Ogni tanto, però, devo ammettere, un bel dolce fa bene, anche all'umore. E cosa c'è di meglio, per una persona che sta a dieta da due mesi, di concedersi uno strappo alla regola con un dolce a base di cioccolato? Poco, forse non mi viene in mente nulla di meglio! Sabato è stato il compleanno della mia mamma ed in queste occasioni io e mia sorella prepariamo il dolce. Anche stavolta è stato così ed io ho deciso di provare questa crostata, idea che nasce da uno spot. Su Real Time è attualmente in onda Bake Off. Durante le pubblicità mandano dei dolci stilizzati ed uno di questi era proprio la crostata alla ganache con frutti di bosco. Non avendo mai realizzato una ganache, ho cercato in rete la migliore formula, poi, alla fine ho dato spazio al learning by doing, ovvero ho fatto a sentimento. Risultato? Giudicate voi! Ecco la mia crostata con ganache e frutti di bosco. Sembra un rosone...ma vi assicuro che è buonissimo...



























Ingredienti (stampo 25x5):

per la crostata:
  1. 250 g farina 00;
  2. 150 g burro (60%);
  3. 100 g zucchero a velo (40%);
  4. 40 g di tuorli
per la ganache:
  1. 350 g cioccolato fondente al 70%;
  2. 380 ml di panna al 33% di grassi;
  3. 80 g di zucchero semolato (opzionale)
per la guarnizione;
  1. 250 g more;
  2. 250 g lamponi

La pasticceria è matematica. Non c'è nulla di più vero. Se sbagliate le percentuali degli ingredienti di una ricetta, è quasi certo che il risultato sarà molto lontano da quello atteso.

Pasta Frolla

La frolla non fa differenza. Ne esistono mille tipi e varianti, ognuna più o meno adatta ad ogni preparazione. La cosa che cambia è la % di burro, e quindi zucchero, sulla farina. Eh si, perché studiando in rete ho capito che esiste una vera e propria formula per ottenere la frolla, ovvero:

Peso farina= peso burro + peso zucchero

Fatto, quindi, 100 il peso della farina, le % di burro e farina identificano il tipo di frolla. La base è che burro e zucchero siano in pari quantità, ma ci sono poi varianti. Nel mio caso, il burro era al 60%, quindi la mia era una frolla sablee. Più friabile della tradizionale.

Altra formula per la grammatura delle uova. Per ottenere un buon risultato, visto che le uova fungono da aggregante, c'è un calcolo ben preciso:

Peso Uova= (peso farina+peso burro+peso zucchero)/10


Ma non finisce qui; eh si, perché questo è valido nel caso di formula base. Per ogni 25 g di burro in più, bisogna togliere 10 g di tuorlo

Ultima notazione sul tipo di zucchero. La grammatura delle uova è basata sull'utilizzo dello zucchero a velo; se non lo avete e lo sostituite con quello semolato nessun problema, salvo che dovete aumentare del 60% le uova.

Praticamente più che una ricetta è un trattato di matematica. Per quanto riguarda tutte queste regoline, vi consiglio vivamente il blog di Jerry, vi aprirà un mondo.

Ganache

Anche detta crema parigina. E' frutto di un errore; proprio da questo ha origine il nome, che letteralmente vuol dire "maldestro". E' l'unione di panna, cioccolata e (opzionale) lo zucchero. Io l'ho messo perchè non tutti amano l'amaro del cioccolato ed utilizzando un cioccolato artigianale di qualità fondente al 70% ho vuluto mettere un "correttivo" di gusto.

Anche su questo, la bibliografia è immensa. Jerry stesso propone decine di formule diverse. 

Nel mio caso ho proceduto a sentimento. Sono partito con pari quantità di panna e cioccolato ed una volta che la panna con lo zucchero erano alla giusta temperatura (circa 92°, ovvero quando sobolle) ho tolto dal fuoco ed ho iniziato ad aggiungere cioccolato sino al raggiungimento della giusta consistenza, cremosa e setosa. Eccola...




























Passando dalla teoria...alla pratica

Per la frolla ho utilizzato l'impastatrice. Si inizia con farina e burro freddo (serve ad impermeabilizzare la farina) con la frusta K sino ad avere una miscela sabbiosa. A questo punto, aggiungete zucchero ed uova e fate andare sino a che l'impasto non si aggrega nella classica "palla di impasto".

Fate riposare in frigo per almeno due ore. Io di solito la preparo la sera prima.

Prima di stenderla, fatela tornare a temperatura ambiente, quindi, per renderla di nuovo "plastica", prima colpitela a colpi di mattarello, poi, una volta tornata "impastabile", lavoratela, per poco tempo, con le mani.

A questo punto, stendetela e foderate il vostro stampo. Bucate il fondo per evitare che il calore la faccia gonfiare e rompere e cuocete in bianco (carta forno e legumi secchi): forno ventilato 20 min a 170°.

Passato questo tempo, togliete la carta forno ed i legumi e proseguite per altri 10 minuti la cottura.

Sfornate e fate raffreddare. Ora, un consiglio: impermeabilizzate la base. Spennellate con un tuorlo la superficie. Il calore creerà un velo e non avrete spiacevoli fuoriuscite della farcia. 

Mentre la frolla fredda, preparate la ganache. In un pentolino scaldate panna e zucchero sino alle soglie del bollore. I 92° che vi dicevo li avrete quando ai lati si cominceranno a formare le bollicine.

Togliete dal fuoco e, poco alla volta, iniziate ad aggiungere il cioccolato tritato, mescolando con una cucchiarella di legno. Niente fruste, non serve inglobare aria. Una volta raggiunta la consistenza desiderata, fate raffreddare leggermente.

A questo punto, alcuni aggiungono un grasso (burro di cacao) che serve a dare ulteriore cremosità oltre che a diluire leggermente la ganache. Io ho evitato, anche perchè la mia cioccolata era di qualità e non era dura la mia salsa; se, invece, decidete di utilizzarla, unica accortezza: fatela raffreddare leggermente, altrimenti rischiate che il burro di cacao si divida nelle sue componenti grassa e liquida...in quel caso, aggiungete altro burro e continuate a mescolare energicamente. Tornerà cremoso.

Ultimo step. Una volta raffreddato, versate la ganache nella frolla e lasciate rapprendere. Se avete tempi stretti, 20 min di frigo sono sufficienti. Altrimenti a temperatura ambiente. Dopo di che, disponete la vostra frutta in superficie ed il gioco è fatto.

N.B.: consiglio vivamente utilizzo di frutta fresca. Ci sono stati diversi casi di epatite A per utilizzo di frutti di bosco surgelati.

Ultima variante: la gelatina. Se volete lucidare la frutta ed evitare l'ossidamento della stessa utilizzate la gelatina, spennellandola in superficie (una volta che il dolce è completamente a temperatura ambiente).

Conservazione

Dipende molto dalle condizioni ambientali. Se è molto caldo, conservate in frigo almeno 5-6 ore e poi riportate a temperatura ambiente almeno un paio di ore prima di servirla. Altrimenti temperatura ambiente. Altra variante è quando la preparate. Se, come me, il giorno prima, allora la notte in frigo e poi vedete. La differenza è anche di gusto...se preferite che resti cremosa, allora preparatela la mattina per la sera, fatela stare in frigo 5-6 ore e poi fuori, se preferite il "foratino", quindi la compattezza, aumentate le ore di frigo...insomma regolatevi a gusto. Ecco il mio risultato...




















Buon Appetito