lunedì 27 aprile 2015

Le fettuccine mari e monti del Panda: punte di asparagi, pancetta affumicata, scampi con zeste di limone e mentuccia

Vi è  mai capitato che in un periodo con superimpegni e mille pressioni, anche il vostro hobby, la vostra passione, diventi una delle "altre" attività da svolgere? Ecco, è proprio quello che ho rischiato di vivere negli ultimi due mesi. Giornate lunghe in ufficio e tante altre priorità fuori, hanno ridotto quello che gli inglesi chiamano "spare time"; ovvero il tempo speso in un hobby o attività, che se pur impegnativa ha il compito fondamentale di decomprimere il cervello dalle pressioni quotidiane e farti ricaricare. Quando questo non accade, ma detta attività vi porta ulteriore stanchezza, è il momento di fare un passo indietro e fermarsi. Dovrete vivere sul filo del rasoio tra noia e desiderio di ricominciare. Quello che Leopardi riassumeva così: "La noia non è altro che il desiderio puro della felicità non soddisfatto dal piacere e non offeso apertamente dal dispiacere".  Travestendomi da esegeta, in termini spiccioli, aspettate di sentire il desiderio di ripartire e poi agite di conseguenza. Questa è la storia di questo piatto. Rientrando nel più abituale ruolo di appassionato di cucina,  posso dirvi che è un piatto interessante, fresco, primaverile, il giusto anello di congiunzione tra i confort food tipici delle stagioni fredde (vedasi pancetta) ed i primi di pesce tipicamente estivi. Un buon compromesso, o come dicono quelli bravi, il giusto trade off. Queste le note di gusto. Sotto il profilo tecnico, unica sottolineatura è riferibile alle cotture separate ed in parallelo dei vari ingredienti che, solo in un ultimo step si riuniscono per amalgamare i sapori. Ecco la versione pandesca della Mare&monti...



Ingredienti per 4 persone:

Per la pasta fresca:
  1. 500 g di semola di grano duro rimacinata;
  2. 250 g di uova intere (normalmente sono 5);
  3. 2 cucchiai di olio evo;
Per il condimento:
  1. un mazzetto di asparagi freschi;
  2. 2 fette spesse di pancetta (io affumicata);
  3. 700 g di scampi 
  4. zeste di 1 limone bio (io di Amalfi);
  5. mentuccia romana qb;
  6. peperoncino qb;
  7. olio evo;
  8. sale

La chiave di questo piatto è nel giusto mix tra pancetta e scampi. Tenete presente che il gusto degli scampi è molto delicato, quindi utilizzare una q.ta di pancetta eccessiva piuttosto che una pancetta molto ricca di gusto, potrebbe coprire gli scampi. Regolatevi a sentimento, scegliendo la nota prevalente del piatto.

Pasta fresca

Le fettuccine con il pesce sono una piacevole scoperta. Per questo abbinamento, il primo per me, ho voluto sperimentare, aggiungendo olio evo alla classica formula di 1 uovo ogni 100 g di farina. Scelta vincente. Nella mia esperienza, l'olio evo vi consente di evitare l'aggiunta di quella minima q.ta di acqua necessaria a favorire l'impasto ed aumenta il gusto. A volte capita di dover aiutare l'impasto con qualche cucchiaio di acqua. Ciò è dovuto al rapporto tra ingredienti secchi (farina) e liquidi (uova). 1 uovo per 100 g, si traduce in 50% di idratazione (un uovo medio, infatti, pesa c.ca 50 g). Spesso, in base soprattutto al tipo di farina utilizzata, questa idratazione non basta a rendere impasto liscio e per uscire dal loop delle macro briciole che non si compattano mai. Motivo per il quale si aggiunge, un cucchiaio alla volta, dell'acqua. Se, come me, aggiungete olio, non sarà necessario.

L'utilizzo dell'olio, inoltre, può fungere anche da nota di sapore, utilizzando un olio aromatico. Io ho aggiunto dell'olio alle erbe di balcone, il mio: rosmarino, origano, timo e basilico. Solo i palati più allenati lo percepiranno, una vera sciccheria.

Procedura

Fettuccine step by step



Inserite farina, uova ed olio nella bowl dell'impastatrice ed, aumentando gradualmente la velocità, arrivate alla classica palla di impasto, avendo cura di fermarvi durante l'impastamento per girare l'impasto un paio di volte. Otterrete un impasto più omogeneo. 

Terminate a mano l'impasto, sulla spianatoia, che non sarà liscio ed omogeneo. Per questo è necessario del riposo, affinché la maglia glutinica, ben stressato dalla macchina, possa rilassarsi. Avvolgetelo nella pellicola per alimenti e lasciatelo da parte, almeno un'ora. Io in frigo, ma anche a temperatura ambiente va bene.

Trascorso il tempo di riposo, riprendete l'impasto, tagliatelo a fette, iniziate a sfogliarlo, prima alla massima larghezze, e poi fino allo spessore desiderato, aiutandovi con le classiche pieghe a portafoglio.

Poi, via di taglio e vedrete che le fettuccine prenderanno forma tra le vostre mani. Ecco le mie...




Consiglio: per tradizione familare - nonno Giovanni docet - quando posso preparo la pasta fresca sempre in anticipo (di solito la sera prima). Ciò è utile per guadagnare tempo e non stressarvi innanzitutto, ma anche e soprattutto a far asciugare di quel tanto la pasta da renderla più dura ed abbassare il rischio di rottura.  Seguendo questa strada, però, dovrete porre cura alla conservazione. Avete due strade: questa oppure il nido (vedi foto). In questo secondo caso, però, non dovrete lesinare sull'uso della farina, pena ottenere un nido inestricabile.

Una volta pronta la pasta, è il momento del condimento, il vero punto focale di questo primo.

Pulite gli scampi, dopo averli abbondantemente sciacquati, togliete le teste (mettetele da parte, saranno utilissime per una bisque) e con l'ausilio di una forbice togliete il carapace. Incidete, quindi, il dorso dello scapo e togliete il filo nero (intestino) all'interno. Risciacquateli e tagliateli a rondelle più o meno grandi. 

Mondate gli asparagi, preferendo le punte e tagliate a listarelle la pancetta. 

Ora siete pronti per le cotture. Partite dagli asparagi, facendoli saltare con olio evo e peperoncino in una padella antiaderente. Lasciateli al dente, considerando che poi dovrete saltarli con tutto il resto. 

Parallelamente cuocete, senza aggiungere ulteriori grassi, la pancetta, sino a renderli croccanti. Una volta cotti, scolate il grasso ed uniteli nella padella con asparagi.

Fate bollire acqua con qualche goccia di olio, avendo cura, prima di immergerle, di togliere la farina in eccesso.

Troppa farina renderebbe l'acqua torbida (tecnicamente detta "spessa") e questo influirebbe negativamente sulla cottura, oltre che rendere inutilizzabile l'acqua di cottura utile per la mantecatura.

Non appena bolle, buttate pasta e contemporaneamente scottata con olio evo gli scampi. 

La regola della cottura dei crostacei è: temperature alte, tempi brevi. Max 5 minuti, pena rendere gommosi gli scampi.

Una volta cotti, uniteli al resto, versateci la pasta e saltate mantecando con acqua di cottura. Ricordate che pasta fresca assorbe molti liquidi, quindi tenete da parte una tazza e procedete per approssimazioni successive. Non eccedete neanche nel verso opposto, se no affoghereste l'amalgama dei sapori.

Impiattate terminando con un giro olio evo, zeste di limone e qualche foglia di mentuccia, accompagnate ad un bianco freddo secco ed enjoy your meal.

p.s.: dedico questo piatto a mio cognato Cristiano, che mi ha fatto venire l'idea una sera a cena dicendomi che aveva provato il suo abbinamento con polpo, pancetta e pomodorini. 


lunedì 2 marzo 2015

Pomodori sott'olio alla "laziale"...

Ci siamo sempre sentiti dire che il colore degli ortaggi corrisponde ad un sapore, definendone il tratto distintivo. Quindi: dieta colorata, dieta equilibrata! Oggi, invece, voglio proporre, al mio solito, un'iperbole. Alziamo il tiro: oltre ad avere una caratterizzazione nutritiva, di colore e di sapore, gli ortaggi hanno anche un'anima? Riuscireste, avendo due elenchi, uno di nomi ed uno di alimenti, a fare i giusti abbinamenti? Quella che nel commercio si chiama brand identity, è possibile definirla per gli ortaggi? Secondo me si. A Roma, ad esempio, che è per eccellenza la terra dei soprannomi, delle etichette alle persone, etc. abbiamo fatto anche questo. Avete mai sentito la canzone del grande Giorgio Gaber "Destra Sinistra"? Esattamente così. L'esempio più alto e pop è nel calcio. Lo sfottò, quello simpatico ed ironico, non conosce limiti. Per noi tifosi laziali, infatti, i "cuginastri" romanisti sono simpaticamente definiti "peperonici"? Perchè vi chiederete voi? Beh, innanzitutto per i colori, presi in prestito dall'Urbe romana: giallo e rosso. Ma soprattutto la cosa che accomuna questi due mondi che, in linea teorica, non dovrebbero aver punti di contatto è lo stile. Io personalmente non lo faccio, ma pensate per un secondo all'aggettivo che più comunemente viene accostato ai peperoni? Tic, tac! Bisogno di un aiuto? Eccolo: pesanti. Per i romanisti è lo stesso. Gli appassionati di calcio capiranno cosa voglio dire; i romanisti hanno 5 stelle di scudetti conquistati ad Agosto, per poi gridare allo scandalo a Novembre, che un paio di mesi dopo si trasforma, immancabilmente in complotto. Io ho 34 anni ed ho memoria di questo iter da almeno 20. Ho sempre pensato che il calcio fosse la cosa più importante delle cose che non contano nulla. E sapete il perchè? Perchè tutte le persone, piccole o grandi, in questo che ormai di gioco ha solo l'iniziale nella federazione, traspongono il proprio io, alimentazione compresa. Ognuno compra o segue qualcosa per sentirsi identificato in questo. I romanisti hanno un determinato stile...i laziali un altro, gli juventini un terzo e via trascorrendo. Tornando a bomba, restando su piazza romana, se i romanisti sono i peperonici, i laziali sono identificati con il pomodoro. Perchè? Per via di un signore che negli anni '90 ha rilevato un club che, con tutto l'amore che provo per la mia Lazio, posso definire, anonimo, e l'ha portato sul tetto del mondo: Sergio Cragnotti. Oltre ad essere il patron della prima società di Roma, Cragnotti era a capo di un gruppo agroalimentare multinazionale, il cui fiore all'occhiello era la Cirio. Quindi, proprio come succede dalla Clerici, a livello alimentare, la sfida romana è tra peperoni e pomodori. Proprio di pomodori parliamo oggi. Una delle conserve che amo di più: i pomodorini secchi sott'olio alla "laziale". Come li preparano sti pomoderetti i tifosi laziali direte voi? In questo caso il tifo non c'entra nulla. Mi riferisco, invece, alla provenienza delle erbe aromatiche che ho utilizzato: mentuccia, salvia, lauro e timo. Facili da fare,dovrete solo essere un pò organizzati.                                          




Ingredienti per 3 vasetti da 500 ml:
  1. 500 g di pomodori sott'olio pugliesi (io ne ho usati di Monopoli - BA);
  2. 750 ml olio pugliese (io ho usato olio di Conversano - BA);
  3. timo qb;
  4. lauro (alloro) qb;
  5. salvia qb;
  6. mentuccia qb;
  7. sale qb;
  8. aglio qb

Co tutti st'ingredienti di Bari, starete pensando siano pugliesi più che laziali sti pomodori. Ma i pomodori migliori d'Italia, i San Marzano, sono di quelle parti, quindi non si sfugge. Poi, da quando - per via di mia moglie - ho conosciuto le bontà di questa regione, apprezzo non poco gli ingredienti del tacco d'Italia.

La cosa importante quando fate le conserve a casa, non potendo disporre di ingredienti o trattamenti industriali, è la sicurezza. Il pericolo numero uno è il botulino. Niente paura, con un pò di attenzione si debella. In questo caso, attenzione si declina con due termini: soluzione acida e pastorizzazione. Stay tuned, mo ve dico tutto.

La prima cosa da fare, per evitare lo sviluppo di questo batterio particolarmente fastidioso e pericoloso è bollire i pomodori con una soluzione acida: acqua ed aceto.

In base alla quantità dei vostri pomodori, determinate un volume di soluzione da utilizzare. Diciamo che per 500 g dovrete utilizzare circa 3 litri di soluzione.

In una padella versate un litro e mezzo di acqua ed il corrispettivo di aceto e portate a bollore. Una volta raggiunto, unite i pomodori, abbassate la fiamma e fate sobollire per 5 minuti. 

Scolate, asciugate con carta assorbente e disponete i pomodori su di un canovaccio. Coprite con un altro canovaccio, entrambi umidi, e fate asciugare il tutto. Tempo? 12-24 h, in base alle stagioni. In teoria, questa è una preparazione settembrina, un investimento di tempo per la stagione invernale, quindi una nottata dovrebbe bastare, ma non abbiate fretta ed avrete un ottimo risultato.

Non appena asciutti, preparate i barattoli, previamente sterilizzati, come qui descritto, lavate ed asciugate le erbe aromatiche e via al "montaggio".

Stratificate, a gusto, pomodori ed erbe, condendo, alternativamente, con sale ed aglio.

Io consiglio di utilizzare quello granulare per una questione di conservazione. L'aglio fresco, essendo ricco di acqua, deperisce prima.

Ogni due o tre strati, versate olio a sfioro, avendo cura di schiacciare bene i pomodori con una forchetta. 

E' importante per evitare bolle di aria nell'olio, che favoriscono lo sviluppo del batterio.

Terminate con un centimetro di olio e ricordate: per nessun motivo i pomodori dovranno essere scoperti; quindi, ove necessario, raboccate l'olio.

Ora la seconda operazione di sicurezza: la pastorizzazione. Come si fa a casa? Bollendo i barattoli, se vogliamo banalizzare. In rete ci sono diversi metodi. Io non ho voluto far bollire i barattoli per non "violentare" le erbe aromatiche, ma nulla osta, se volete. 

Portate a bollore una capiente pentola ed una volta che l'acqua borbotta per bene, spegnete, immergete i barattoli completamente in acqua, e lasciateli fino a che l'acqua non risulti tiepida.

Estraete i barattoli (se utilizzate quelli con il tappo a vite, dovreste notare la creazione del sottovuoto, visibile con la cupoletta formata sul tappo), asciugateli e, per fare insaporire i pomodori con le erbette, metteteli in luogo fresco ed asciutto, per 2-3 settimane.

Trascorso il tempo, riprendete e gustateli...una volta aperti, conservate in frigo. 

Come mangiarli? Come volete...ecco la mia proposta: bruschetta di pane scuro con burro a pomata e pomodorini...




Buon Appetito...




lunedì 16 febbraio 2015

Marmellata di Agrumi...l'esaltazione dei contrasti

Dimmi che marmellata mangi e ti dirò chi sei! Detta così ha poco senso. In realtà, la scelta dei cibi che amiamo mangiare sono un'inconscia proiezione del nostro io: l'Io mangione. Le persone che mi conoscono veramente mi definiscono un "cactus", ovvero una persona spinosa ma dalle grandi risorse, soprattutto per quelle poche persone che sono nelle mie grazie: il mio cerchio magico. Quelle per cui sarei disposto a tutto. In sostanza, sono una persona che ama i contrasti, nel senso buono del termine. Non mi sono mai piaciute le cose piatte, né in fatto di persone, ma nemmeno di cibo. In tema di marmellate, la musica non cambia. Non disdegno le classiche, ma non le cerco. Diciamo che amo quelle con una spiccata nota acida, a bilanciamento del dolce. Su tutte agrumi e lamponi, tanto per par conditio tra chiare e scure. La principale caratteristica che cerco quando le acquisto sono la percentuale di frutta utilizzata e la trasparenza (per quelle di agrumi). Ho imparato ad apprezzarle nella mia esperienza londinese, in cui la mia colazione era toast con original orange marmelade, caffè espresso e succo di arancia appena fatto. Non me facevo manca niente! Da Tesco, tipico brand di GDO della vecchia albione, dopo varie prove mi ero fidelizzato con le marmellate di Willkin&Sons. Uno spettacolo vero. Tornato in Italia pensavo di poterle trovare, invece non sono così comuni. Solo in qualche supermercato si trovano. Così non mangiandone tantissima, era un di quelle cose finite nel dimenticatoio, ma era una voglia dormiente. A gennaio avevo preso una marmellata di arance amare per fare un dolce e la voglia si era risvegliata. Quando, poi, la mia collega Giulia mi ha portato, come ogni anno, dei profumatissimi limoni bio di Sorrento, mi sono detto: "E'l'occasione, ora o mai più!". Anche perchè la arance amare di Siviglia sono più rare dello stambecco bianco. Così, ho cominciato a cercare in rete la formula più giusta per la mia necessità. Ho spulciato tra i siti "fidati", Zio Piero su tutti, ed ho fatto qualche prova. Alla fine ho fatto una sintesi di tutte le fonti ed esperienze ed ho stilato la mia formula. E non parlo di formula a caso, ma nel senso più stretto del termine. Chi mi segue sa che mi piace tramutare in rapporti gli ingredienti delle ricette; anche in questo caso ho voluto fare la stessa cosa. Vi propongo la marmellata di limoni bio di Sorrento e di arance tarocco bio. Eccola...

























Ingredienti:
  1. 1 kg di agrumi;
  2. % scelta di zucchero;

Scelta di Gusto

Prima di iniziare con la procedura, che è molto semplice, dovete fare una scelta strategica. Domandatevi che marmellata volete. Prediligete il gusto marcato o l'aroma in trasparenza? In base alla scelta, decidete se utilizzare solo il succo (trasparenza) o anche la polpa (gusto marcato), oltre, ovviamente alla zeste.

Per quanto riguarda lo zucchero, dipende dal frutto scelto e dal vostro gusto.  Per il limone, io vi consiglio di avere un rapporto 1:1 tra frutto e zucchero. 1 kg di polpa di limoni, 1 kg di zucchero. Otterrete una marmellata con il 50% di frutta utilizzata, ma vista l'acidità del limone è consigliabile non andare oltre. Per l'arancia, potete osare...io mi sono spinto sino ad un 70%.



Fase di calcolo...marmellata in numeri

Quella che seguirà, per molti, sembrerà un elucubrazione mentale da controller, in realtà è un semplice esercizio che vi faciliterà il compito.

Con qualche proporzione, otterrete, in base a quanta produzione dovete fare, l'esatto computo degli ingredienti da acquistare.

Prima decisione: quanta marmellata voglio realizzare?

Se partite da una quantità data di materia prima perché, come nel mio caso, vi viene regalata, passate al secondo step. In caso contrario con un paio di moltiplicazioni otterrete tutto.

Le percentuali da tenere a mente sono:

  1. 40%: peso "perso" in fase di cottura: se avete pesato 1 kg tra zucchero ed agrumi, non otterrete più di 600 g di marmellata. Questo perché unendo zucchero e succo otterrete uno sciroppo che si otterrà proprio grazie alla trasformazione dei due ingredienti ed all'evaporazione dell'acqua;
  2. 30%: parte dell'agrume utilizzabile: per ottenere 1 kg di limoni o arance, dovete acquistare poco più di 3 kg di limoni;
Seconda decisione: quanta % di frutta voglio utilizzare per 100 g di prodotto

Questa la stabilite voi, a gusto ed in base all'agrume scelto. Per il limone io non supererei il 50%, mi spingerei fino al 70% per le arance (sempre non siano quelle amare di Siviglia)

Facciamo esempio delle arance:

Peso agrume / % di frutta utilizzata scelta* complemento a 100 = peso dello zucchero 

quindi, se volete una  marmellata al 70% di frutta:


1.000/7*3= 143*3= 430 g 


Fate, come insegnano le maestre di matematica, la verifica. In che modo?

PESO NETTO AGRUME= 1000 g +
PESO ZUCCHERO= 430 g=

PESO TOTALE = 1.430 g

% DI FRUTTA UTILIZZATA= PESO AGRUME/ PESO TOTALE= 1.000/1.430= 0,7= 70%


In questo caso, secondo i calcoli di cui sopra, emerge quando segue:

  1. Totale prodotto ottenuto: 1.430*60%= 860 g
  2. Totale Peso Lordo Agrume Acquistato:1.000/0,3= 3,3 kg

Se, di contro, avete necessità di un quantitativo preciso di marmellata, per una crostata o altra preparazione e volete farla home made, per risalire al peso delle materie prime dovete fare queste 3 semplici operazioni:

  1. 300 g di prodotto finale = 300/0,6= 500 g di prodotto in pentola;
  2. marmellata al 70% di frutta per 100 g prodotto= 500*0,7= 350 g di frutta (150 g zucchero per differenza)
  3. 350/0,3= 1,2 kg di agrume acquistato
Per ottenere 300 g di prodotto dovete, perciò, partire da:
  1. 1,2 kg (arrotondato per eccesso) di arance;
  2. 150 g di zucchero;
Procedimento



Dalla strategia all'operatività. Lasciate da parte carta, penna e calcolatrice e prendete tagliere, coltello e pentola.

Anche se utilizzate frutta bio, io vi consiglio vivamente di disinfettarla con prodotti appositi, visto che si utilizza anche la buccia.

Una volta sterilizzata, asciugate la vostra frutta, e togliete (secondo il vostro gusto) la zeste dal vostro agrume con un pelapatate. A me piace molto la nota acida, quindi abbondo. 

La nota amara degli agrumi è nella maggior parte contenuta negli olii essenziali che sono nella buccia, quindi tanto più zeste utilizzate, tanto più risulterà amara. Bilanciate, quindi, la quantità della zeste rispetto alla polpa. 

Pelate a vivo i vostri agrumi e, con ausilio di uno spelucchino, ricavatene degli spicchi di sola polpa.

Se vi restano delle piccole parti di membrana non preoccupatevi, in fase di bollitura le toglierete senza problemi, essendo evidenti.

Pesate la vostra polpa e con i calcoli di cui sopra, pesate lo zucchero necessario. 

Ora avete tutto il necessario, dal tagliere ai fornelli...

In una pentola antiaderente, versate la polpa ed il succo degli agrumi e fata scaldare a fuoco dolce, sino a sfiorare il primo bollore (circa 85°).

Adesso dovete fare una scelta relativamente alla zeste: sbollentarle per addolcire la nota acidula o no. Se si, sbollentate per un minuto in acqua bollente (con, se volete, un cucchiaio di zucchero) e poi aggiungete alla polpa e succo. Contrariamente, le aggiungerete in un secondo  momento.

Nel momento in cui bolle consistentemente, unite lo zucchero ed abbassata al minimo. In questa fase girate costantemente per favorire lo scioglimento dello zucchero e la formazione dello sciroppo. 

Non appena riprende il bollore unite le zeste e terminate la cottura.

Dalla bollitura passeranno, in base alla quantità ed alla potenza del vostro fuoco (sempre a fiamma dolce) 20 minuti buoni. Soprattutto nel caso di limone, un'indica sarà il colore. Appena diventa ambra spegnete.

Non preoccupatevi della consistenza liquida. A freddo otterrete un buon risultato. Poi, anche in questo caso, fatevi guidare da gusti personali ed esperienza; è sempre un valore aggiunto.

Conservazione

Versate la marmellata ancora calda in vasetti precedentemente sterilizzati. Per questa fase due consigli: utilizzate un mestolo sversatore (con beccuccio) ed un imbuto, altrimenti rischiate di scottarvi seriamete con lo sciroppo bollente...attenzione!!!

Per sterilizzare i vasetti, 3 metodi:
  1. bollire i vasetti avvolti in canovacci separati per 30 minuti;
  2. scaldare in forno a 140° per 15 min;
  3. scaldare alla max potenza in forno a microonde per 2 minuti
Una volta riempiti, chiudeteli immediatamente e girateli sottosopra. Il calore svilupperà un sottovuoto che aiuterà a conservare la marmellata per qualche mese. Io vi consiglio di consumarla entro la stagione (non oltre i 6 mesi successivi).

Per maggiore sicurezza, potreste far bollire ulteriormente i vasetti pieni, sempre avvolti in canovacci separati per qualche minuto. In questo caso, ricordatevi che cuocendoli ulteriormente, rapprederete la marmellata. Se scegliete di farlo, abbiate cura di lasciarla più liquida in fase di preparazione, sempre che non vogliate utilizzare lo scalpello per consumarla.

Applicazioni


Come si gusta la marmellata di agrumi? Ah, come volete...ecco un paio di suggerimenti: ciambellone di GIovanna oppure sui crostini integrali per colazione...























Con questa delizia, qualsiasi scelta farete, sarà quella giusta...

Buon Appetito


giovedì 12 febbraio 2015

Contest La Molisana Calling: "la semplciità di ritorno"...il Panda risponde



Ci siamo! Dopo avervi introdotto all'iniziativa, il mese scorso, ecco le mia risposte. La Molisana chiama? Il Panda risponde...never back down! La mia prima proposta è un ossimoro nel piatto: farfalle Rigate tricolore. Gli ingredienti? Ricotta di bufala, pepite di ‘nduja e granella di pistacchio di Bronte. 























Semplicità = complessità. L’equivalenza del dubbio. Pensateci! Quante volte, di fronte ad una scelta, la ragione mina le certezze dell’istinto e trasforma una soluzione quick&win in un ossimoro senza fine? Se a ciò, poi, aggiungiamo stagionalità ed un “…tempo piccolo”, allora creare una ricetta – vincente - diventa una sfida. E le sfide mi piacciono, mi stimolano. Pensando ad una pasta, che potesse rappresentare la sintesi perfetta di tutte queste caratteristiche, il primo pensiero emerso dai “cassetti della memoria” è stato: pasta e ricotta di Nonno Giovanni, la persona che mi ha “iniziato” alla cucina. “La base c’e’”(semplicità e rapidità) – mi sono detto - ora manca il dress to impress, l’elemento distintivo del mio piatto; quel dettaglio in grado di spostare gli equilibri. Essendo convinto che un grande successo altro non è che la somma, organizzata, di tanti piccoli successi, la chiave doveva essere il mix di ingredienti. Qualità+varietà+mix= successo recita la mia formula vincente; ed anche in questo caso non poteva che essere così. Sentivo la soluzione vicina, ma ancora mi sfuggiva.  “Apri il frigo, vedi che c’è e crea Clemè…” mi suggeriva il mio “Io interiore”. Detto, fatto! Ed ecco l’intuizione: la ‘nduja home made, regalo di Emma, una collega calabrese. Trovato anche l’elemento stagionale, non mancava che inserire una nota “personale”, una sorta di firma del piatto. Questo era facile: pistacchio di Bronte. That’s it! La mia prima proposta era definita: farfalle rigate alla ricotta di bufala con perle di ‘nduja e granella di pistacchi. Un primo semplice, ma ricco di contrasti: vellutato/croccante, dolce/salato e quel piccante, ma non troppo, ad esaltare il tutto. Eccola...

Pistacchi, ricotta e 'nduja...scacco in 3 mosse!




Ingredienti per 4 persone:

  1. 320 g di farfalle rigate n. 66 la Molisana;
  2. 200 g di ricotta di bufala DOP;
  3. ‘nduja qb;
  4. 30 g di pistacchi di bronte
  5. Olio evo qb


Procedimento:

Il segreto per trasformare questo, che potrebbe sembrare banale, in un primo vincente è la consecutio tempore: la correlazione…degli ingredienti!
Correlazione che, in questo caso, fa scopa con parallelo, come le attività che dovrete svolgere.

Essendo un piatto dai grandi contrasti, l’elemento critico è saperli creare questi contrasti. Quelli di sapore sono assicurati dalla scelta degli ingredienti; il nostro tocco, il valore aggiunto, deve intervenire, perciò, sui tempi e sui modi di “trasformazione” degli ingredienti stessi.

Ci vogliono pochi minuti per far bene questo piatto…ma ci vuole solo qualche secondo (di troppo) per compromettere l’amalgama dei sapori e le consistenza alla base di questa ricetta; quindi massima attenzione.

Per prima cosa buttate la pasta in abbondante acqua salata. Da questo momento in poi avrete 9 minuti per gestire al meglio la ricetta. Il tempo c’è ed è più che sufficiente, quindi no stress e massima focalizzazione sulla preparazione.

Primo step e primo punto di attenzione: il sale. Calibrare è la parola d’ordine. Tra gli ingredienti c’è il pistacchio che esalta la sapidità totale della ricetta.Riducete, quindi, l’apporto di sale grosso nell’acqua di cottura.

Scaldate una padella e nel frattempo triturate, grossolanamente, il pistacchio.

Per questa operazione sconsiglio l’uso del frullatore perché avete bisogno del massimo controllo sulla granulometria della granella ed il frullatore, se pure in modalità pulse, non vi garantisce in tal senso.

Inserite i pistacchi, già tostati, in un sacchetto gelo, arrotolatelo per “costringere” i frutti nell’estremità inferiore, quindi, sbriciolateli con un batticarne. Tocco deciso, ma delicato, se non volete rompere il sacchetto. La dimensione della granella la consiglio media, ideale per conferire la nota “cruch” al piatto.

Nella padella, ormai calda, fate sciogliere, a fuoco dolcissimo, la ‘nduja. E’ l’operazione più rapida e più a rischio di tutta la ricetta: occhi sulla padella. La ‘nduja inizietà a digregarsi, separandosi in “pepite”, che si moltiplicheranno, diminuendo la loro dimensione. Tutto questo in meno di un minuto. Quando ancora le briciole di ‘nduja sono consistenti, spegnete e spostate la padella dal fuoco. Il calore farà il suo corso, ma togliendo la padella dal fuoco, l’azione rallenterà quel tanto che basta per non ridurla in olio.

Una girata alla pasta, che necessità ancora di qualche minuto di cottura ed è il turno della ricotta di bufala.

Versatela in una ciotola, schiacciandola, dapprima con un cucchiaio e poi cominciando ad incorporare acqua di cottura, per ottenere la consistenza cremosa e vellutata.

Trucco: per evitare che la ricotta resti attaccata al cucchiaio, mentre la schiacciate, bagnate leggermente il dorso dello stesso, vi faciliterà il compito e non vi rallenterà.

Lasciatela tendenzialmente fluida, il calore della pasta tenderà a rapprendere il tutto, rendendola comunque rotonda, setosa, scioglievole.

A questo punto, la pasta è pronta, e non vi resta che assemblare il tutto. Scolatela, avendo cura di tenerne una tazza di acqua di cottura da parte.

Amalgamate pasta e ricotta, regolandone, se necessario, la viscosità, con l’acqua di cottura precedentemente conservata. Se doveste aggiungerne, occhio alle quantità. In questi casi, less is more, meglio aggiungerne per approssimazioni successive. Se eccedete, non potrete più tornare indietro.

Impiattate e finalizzate la ricetta, “distillando”, con un cucchiaino, le pepite di ‘nduja e spolverizzando la granella di pistacchio. Giro di olio Evo ed il gioco è fatto.

A prima vista assomiglia ad un’installazione futurista di Marinetti, in realtà, invece, è un primo di gran classe. Vi posso assicurare che dietro il minimalismo si nasconde un caleidoscopio di sapori che si fonderanno in un unicum di grande gusto ed equilibrio. Provare per credere!

Se volete provare un'altra mia ricetta visitate link il nuovo blog di PastaLa Molisana.

 Hashtag di riferimento: #molisecalling / #pastalamolisana


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martedì 3 febbraio 2015

La pasta del sole...linguine integrali gialle al profumo di cardamomo

La cucina è una "scienza" multisensoriale. Gli odori sono sapori, i sapori sono colori. Non è casuale, infatti, che i cibi dello stesso colore, abbiano un sapore simile; è una questione organolettica. Oggi vi presento una ricetta monocromatica: linguine integrali gialle. Ho voluto scegliere un colore vivo, caldo, in questi giorni di grigiume cosmico o, come si dice a Roma, di "cielo paro". A colore caldo ho corrisposto un gusto rotondo (peperoni gialli) con una nota di acidità (zeste limone) e freschezza (mentuccia). L'abbinamento con la pasta integrale è ottimo, perchè viene esaltata la note "grezza". Ho voluto concludere, poi, con l'aromatizzazione di un olio profumato, ai semi di cardamomo. Semplice da realizzare, un'alternativa sana e gustosa ai soliti primi...




 Ingredienti per 4 persone:
  1. 400 g di linguine integrali La Molisana n.6 ;
  2. 3 peperoni gialli;
  3. zeste di 1 limone bio;
  4. 4 cucchiai di olio evo;
  5. foglie di mentuccia q.b
  6. sale e pepe qb
  7. gocce di peperoncino;
  8. olio Marina Colonna aromatizzato ai semi di cardamomo d

Preparazione:

Questa ricetta è semplice, ma non è la soluzione last minute. La preparazione dei peperoni, infatti, prevede un passaggio in forno di circa mezz'ora, per arrostirsi.

Lavate e mondate i peperoni e metteteli in forno ventilato, 200°, per circa 30 minuti o fino a che vedete che si saranno ammorbiditi e le pelli saranno arrostite. Girate almeno 2 volte i peperoni per avere un arrostitura uniforme.

Una volta, pronti, prendete i peperoni e metteteli in dei sacchetti gelo, chiusi, per 15 minuti circa.

Questa operazione provocherà una camera di vapore che vi faciliterà la spellatura. 

Trascorso questo tempo, pulite e spellate i peperoni, avendo cura di eliminare, il più possibile, pelli, semi e parti dure del peperone.

Taglliate a julliene e trasferite nel bicchiere del frullatore ad immersione, insieme alla mentuccia, ben lavata, ed alla zeste di limone.

Iniziate quindi a frullare per ridurlo in crema. Assaggiate ed aggiustate di sale e pepe ed aggiungete, a filo, olio evo.

Trasferite, dopo aver passato la purea, in un passino per eliminare le ultime tracce di pelli, in padella e saltate con le linguine integrali.

Impiattate e terminate con peperoncino e con qualche goccia di olio al cardamomo.

Buon Appetito