domenica 15 dicembre 2013

L'industria italiana del sesso subito dopo le Top 20...regolamentarla no?

Da settimane sui media imperversa lo scandalo delle baby squillo: due adolescenti romane fornivano prestazioni sessuali in cambio di regali o denaro. Una vera e propria mercificazione del proprio corpo, il peggiore dei "baratti". Il corpo come strumento di riscatto sociale per ragazze in situazioni sociali ed economiche difficili. Un modo bieco per raggiungere la tanto agoniata indipendenza economica. Ad ogni costo!

Come spesso accade nel Bel Paese, purtroppo, alcune questioni vengono affrontate a valle di avvenimenti di cronaca, invece di essere oggetto di una sana e seria programmazione. In questo caso, per fortuna, non si ha a che fare con vittime, ma comunque la situazione  evidenzia dei fenomeni preoccupanti a livello di stato sociale e scadimento di scala valoriale di alcuni giovani.

Tanto per guardare alla luna e non al dito, di fondo a questa situazione c'è il fenomeno "prostituzione" in Italia. Tralasciando la sfera morale, a proposito della quale ognuno è depositario della propria idea, cerchiamo di oggettivizzare la questione. Partiamo dai numeri.

Un buon quadro della sitazione l'ha fatto Alessandro Madron, de "Il fatto quotidiano" in un suo pezzo del 20 Agosto scorso. Eccolo. Sintetizzando (ma leggete il pezzo che è molto ben fatto) il fenomeno riguarda: circa 70.000 prostitute, 9 milioni di clienti, per un volume di affari che si aggira, secondo stime della Commissione degli Affari Sociali della Camera (2010), intorno ai 5 miliardi di euro.

Per capirci, secondo la Classifica dell'Industria, stilata ogni anno dall'Ufficio Studio di Mediobanca, per volume di affari, sarebbe nelle vicinanze della Top 20. Se consideriamo, invece, gli "addetti", con 70 mila persone, sarebbe ai livelli di Ferrovie dello Stato (terza in Italia per livello di occupazione). Stiamo parlando, quindi, di un vero e proprio comparto industriale.

Il modello legislativo del nostro Paese, rispetto alla prostituzione è del tipo abolizionista, ovvero per lo Stato, non essendo una attività non lecita, non è equiparabile ad un'attività commerciale di altro genere. In questo articolo il confronto tra i diversi modelli legislativi (proibizionista, abolizionista, regolamentarista), fatto da NanoPress, a fima Lorena Cacace.

Conseguenza dal punto di vista  economico: il volume di affari è interamente esentasse (su questo, suggerisco questo altro articolo di Alessandro Madron), quindi c'è un mancato introito fiscale. Per banalizzare, se anche volessimo applicare l'aliquota mimina, il 23%, questo vuol dire che il mancato introito sarebbe di circa 1,15 mld;

Regolarizzando la prostituzione, invece, è possibile pensare a riflessi positivi, oltre al dato economico, anche dal punto di vista sociale: abolendo la Legge Merlin, con conseguente riapertura delle "case chiuse", è presumibile che la situazione sociale di molte delle donne che sono costrette a prostituirsi, delle vere e proprie "schiave" moderne, migliorerebbe, potendo esercitare - chi vuole - in proprio. Diventerebbero manager di sè stesse, come sono oggi le escort, bypassando tutte le figure che oggi delinquono e lucrano sul sesso. 

In tema di giustizia, sarebbero più circoscritti i reati legati alla prostituzione come induzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione.

Tema sicurezza: non esercitando per strada diminuisce il rischio sicurezza per le prostitute.

Da non sottovalutare, poi, il riflesso positivo in termini di immagine, cosa che ovviamente conta meno, ma che nell'era della comunicazione, ha comunque una sua rilevanza. Sparirebbero dalle strade le prostitute, chiudendosi così il mercato del sesso all'aperto. Oramai a tutte le ore del giorno e della notte, in zone di ogni città è possibile vedere ragazze ai bordi delle strade.

Come si regolano gli altri Paesi? Anche in questo, ci viene in aiuto l'analisi Nano Press. Provando a riassumere.

A livello europeo ci sono due blocchi: i paesi del Nord Europa (Svezia, Norvegia, Islanda) applicano il modello neo-proibizionista, ovvero puniscono gli avventori e non le prostitute. L'europa dell'est è fondamentalmente proibizionista (colpisce domanda ed offerta). Tra le nazioni che applica il modello regolamentarista, c'è un blocco dell'Europa Centrale (Germania, Olanda, Austria, Svizzera) che ha regolarizzato e quindi tassa l'attività ed ha costruito delle vere e proprio zone a luci rosse, una sorta di distretto industriale del sesso, con importanti e rogolari controlli sanitari obbligatori, volti a limitare la diffusione delle malattie trasmissibili (abbassando così un altro costo sociale, quello sanitario).

A livello mondiale, il mondo musulmano, quasi in blocco, vieta la prostituzione, così cone gli Usa (ad eccezione del Nevada). Oceania e Nuova Zelanda, hanno una posizione abolizionista. Asia quasi interamente proibizionista.

Ecco la Mappa dei diversi trattamenti legali sulla Prostituzione, delineata da Wikipedia.

Trasversali ai modelli ed alla geografia è, ovviamente, la prostituzione minorile e coercitiva, perseguita ovunque.

Sulla base di quanto sopra, le domande che mi pongo sono:

  1. il modello abolizionista, numeri alla mano, è quello corretto per la nostra situzione, storia e cultura?
  2. il modello regolamentarista non viene applicato perchè la classe dirigente effettivamente non lo condivide oppure per vincoli morali più o meno pressanti?
  3. se regolarizzando la prostituzione, si infliggerebbe un duro colpo anche alle organizzazioni criminali che controllano questo business, perchè allora non lo si fa?
E come queste ce ne sarebbero mille altre a cui sinceramente non so dare una risposta che mi convinca totalemente. Mi restano dubbi che so essere di difficile scioglimento.

Personalmente propendo per il modello regolamentarista, ma non ho la controprova che applicandolo risolveremmo il problema. Sono sicuro che si limiterebbe, ma non che si estinguerebbe del tutto. Già sarebbe un risultato, ad ogni modo. Il fatto che in altri Paesi funzioni non implica che calandolo nel nostro Paese darebbe gli stessi risultati. 

L'augurio con cui voglio chiudere è che effettivamente la politica affronti seriamente questo fenomeno e non si limiti a delle schermaglie dialettiche più o meno sterili. 

Il tempo, come sempre, sarà galantuomo!

Luca Clemente



2 commenti:

  1. Ciao Luca, interessante e ben documentato questo tuo post.
    Per andare al lavoro percorro tutti i giorni una strada di campagna dove stazionano delle Signorine, al sole al freddo e al gelo, in pseudo abiti discinti. Sai che delle volte avrei voluto poterci parlare, intervistarle o qualcosa del genere, come faranno a stare lì tutto il giorno? Eppure ci sono sempre, da anni, ogni tot. cambiano le donne mentre le postazioni aumentano. Alla fine essendo una donna e nemmeno una giornalista, non ci ho mai parlato, ma spesso penso che sarebbe davvero tanto più civile che fossero in luogo chiuso e dedicato. (Fra l'altro si eviterebbe anche il disagio delle auto che sostano all'improvviso). Perché non si fa? Beh, penso che la risposta al punto 3 sia insita nella domanda stessa: non è interesse delle criminalità.
    E poi, che dire, vedo che sei di Roma e non devi dimenticare quel simpatico staterello insito nella tua città che da qualche secolo a questa parte condiziona un tantino le proposte e le decisioni sociali e politiche del nostro paese, vero?
    Dopo queste riflessioni serie vado avanti a curiosare le tue ottime ricette!
    ciao Su

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    1. Ciao cincia,

      io penso che non è che non lo si capisca, bensì che gli interessi in gioco sono tali e tanti da giustificare ciò...magari tutti i giorni ci incazziamo perchè non capiamo come cose banali non vengano fatte, ma non è che non si fanno perchè non si capisca come farle, semplicemente trovare una soluzione che accontenti tutti i giocatori è pressochè impossibile ed allora il cittadino è la parte debole del giocattolo,
      grazie per il tuo contributo...come ti chiami? Su sta per...

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e tu...che ne pensi? Dimmi dimmi...