giovedì 5 settembre 2013

Motivazioni del processo di primo grado del "Caso Cucchi"...riflessioni in corso!

Il 5 Giugno, a distanza di quasi quattro anni dalla morte di Stefano Cucchi, i giudici della Terza Corte d'Assise di Roma hanno condannato, in primo grado,  6 (i medici) dei 12 imputati (assolti i 3 infermieri e le 3 guarde carcerarie).

Martedì scorso sono state rese note le motivazioni alla base della sentenza. La causa - a quanto si apprende - fu la sindrome di inanizione, ovvero - citando la Treccani -  la "..soppressione completa (inanizione assoluta o acuta) o della riduzione sotto il minimo necessario (inanizione relativa o cronica, ipoalimentazione, denutrizione) dell'alimentazione." 

Il romano sarebbe - quindi - morto per malnutrizione. Per chi ricorda le immagini che la famiglia ha più volte messo a disposizione dei media - questo potrebbe essere possibile, dal momento che Cucchi aveva un fisico molto esile già al momento dell'arresto. Chi di noi, normalmente, in ospedale non perde un pò di peso? Figuriamoci se mal nutriti!

Quello che mi lascia un pò interdetto è, però,  che la Corte non si sia espressa relativamente alle lesioni del ragazzo, ampiamente documentate dalla famiglia. 


Come riportato da "La Repubblica.it":

"Non è certamente compito della Corte indicare chi dei numerosi carabinieri che quella notte erano entrati in contatto con Cucchi avesse alzato le mani su di lui, e tuttavia sono le stesse dichiarazioni dei carabinieri che non escludono la possibilità di prospettare una ricostruzione dei fatti diversa da quella esternata da Samura Yaya'', il superteste di origine africana che riferì di aver sentito un pestaggio nelle celle del tribunale e di aver raccolto lo sfogo di Cucchi che gli mostrò una gamba sporca di sangue. Un comportamento scorretto, anzi "anomalo" lo definisce la Corte, che sarebbe collocabile "nel lasso di tempo che va tra il ritorno dalla perquisizione domiciliare (verso le due di notte) e l'arrivo della pattuglia automontata (intorno alle 3,40), dovendosi ragionevolmente escludere che atti violenti fossero stati posti in essere dal carabiniere Colicchio (che chiamò il 118 perché Cucchi non stava bene) o dai carabinieri della pattuglia che si erano limitati ad effettuare il trasferimento dell'arrestato da una caserma all'altra''. Per la Corte d'assise ''in via del tutto congetturale potrebbe addirittura ipotizzarsi che Cucchi fosse stato malmenato dagli operanti al ritorno dalla perquisizione domiciliare atteso l'esito negativo della stessa laddove essi si sarebbero aspettati di trovare qualcosa, mentre il giovane aveva mantenuto una comprensibile reticenza circa il luogo dove realmente abitava".

Ora la mia domanda è: se non della Corte, di chi è la responsabilità di appurare quanto realmente accaduto quella notte? Chi è chiamato a verificare se l'operato dei Carabinieri sia  stato regolare o meno? 

Lungi da me puntare l'indice sull'Arma, ma da cittadino mi piacerebbe sapere se i Carabinieri hanno fatto tutto secondo procedura o meno. E se no, quali sono le conseguenze per chi sbaglia? Soprattutto se un errore - come in questo caso - ha  conseguenze tragiche.

Io credo fermamente nelle Istituzioni, ho un altissimo rispetto per chi indossa una divisa, che ha la responsabilità di garantire la sicurezza nel nostro Paese. Credo - tuttavia -  che, come in ogni altra categoria, anche tra le istituzioni ci siano delle "mele marce" e vorrei che quando queste persone si macchiano di azioni disonorevoli vengano punite e neutralizzate. Non tanto per "sete di giustizialismo", quanto piuttosto per rendere merito alla stragrande maggioranza che - di contro - con spirito di servizio, dedicano e, qualche volta sacrificano, la propria esistenza per un ideale. 

Mi piacerebbe che l'opinione pubblica non generalizzasse, che non passasse il concetto che chi indossa la divisa è comunque "intoccabile" al di là delle proprie azioni. Per fare questo, però, è necessario che siano le Istituzioni stesse a punire - applicando quanto previsto per legge - chi sbaglia. Se ciò non fosse, sarebbe difficile sostenere la credibilità di quello che - per definizione stessa - dovrebbe essere garanzia.

Da questo mio piccolo spazio di blogosfera voglio esprimere la mia più totale solidarietà alla famiglia Cucchiincoraggiandoli e - anche se solo "idealmente" - sostenendoli ad andare avanti nella ricerca di una giustizia che possa dare loro, almeno in parte, la serenità che una tragedia del genere gli ha tolto.

Nessuno potrà riportargli in vita il figlio, che aveva il diritto di scontare -  nel caso in cui fosse stato appurato una configurazione di reato a suo carico - il proprio debito con la Giustizia (di certo non a prezzo della vita); quantomeno, però, che non si aggiunga sdegno a dolore!

                                                                                                            Luca Clemente 

4 commenti:

  1. Eccomi, ho letto finalmente il tuo scritto. Molto preciso, profondo, tocca le problematiche vive- purtroppo- di questo caso molto difficile. Il fatto è che la verità è qualcosa di difficile da sostenere e l'ipocrisia del mondo è quella che è. Non si insegue e persegue ciò che è 'leale' ma ciò che è 'comodo'. E trovo questo molto, molto triste. Bravo Luca.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sarà anche difficile da sostenere ma è l'unico modo x essere credibili che è fondamentale...non si può costruire un Paese sulle differenze...non va bene se no

      Elimina
  2. C'è un dovere morale in tutti di credere nelle istituzioni, ma quelle "mele marce" ci disorientano e creano in noi rabbia e sdegno.
    Quando un crimine come questo resta impunito, la conseguenza è solo quella di creare nella società civile un'ennesima sfiducia verso i garanti della Giustizia

    RispondiElimina

e tu...che ne pensi? Dimmi dimmi...